Santa Maria Capua Vetere. Ulteriore udienza quella di stamattina nel processo in corso nell’aula bunker del carcere Uccella di Santa Maria davanti alla Corte d’Assise del tribunale sammaritano per le violenze ai danni di detenuti avvenute il 6 aprile 2020 nello stesso carcere Francesco Uccella di Santa Maria Capua Vetere, in cui sono imputati 105 tra agenti della penitenziaria, funzionari del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (DAP) e medici dell’ASL di Caserta in servizio nella casa circondariale.
È stato l’ex comandante della compagnia dei Carabinieri di Santa Maria Capua Vetere, Emanuele Macrì, attualmente al comando della compagnia di Cagliari, il primo teste di oggi. Ha raccontato ai giudici le difficoltà incontrate per sequestrare le immagini della videosorveglianza interna che testimoniavano le violenze sui detenuti, video poi determinanti per l’attribuzione delle responsabilità ai singoli agenti.
Una “difficoltà“, quella riscontrata dal comandante, che ha spinto gli inquirenti a contestare l’ipotesi di reato di depistaggio all’allora capo del DAP in Campania Antonio Fullone, e agli ufficiali della penitenziaria intervenuti nel carcere casertano, per “cancellare” le prove dei pestaggi, cristallizzati nelle immagini delle telecamere interne.
“Il 10 aprile 2020 – riferisce Macrì – dopo aver ricevuto la delega dalla Procura ad indagare su quanto avvenuto il 6 aprile, inviai i miei collaboratori a carcere per le immagini delle telecamere, e fu detto loro che il sistema di videosorveglianza interno, in particolare del reparto Nilo dove erano avvenute le violenze, non funzionava”.
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