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Violenza sulle Donne: l’Avvocato lo Paga lo Stato

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In caso di violenza sulle donne, l’avvocato lo paga lo Stato a prescindere dal reddito della vittima. Lo ha ricordato la Cassazione in una sentenza di qualche giorno fa, proprio in prossimità della giornata nazionale contro le violenze di genere 

Se nel 21° secolo non siamo riusciti a superare il grave problema dei maltrattamenti in famiglia, il legislatore e la giurisprudenza uniti affermano un diritto sacrosanto: quello alla tutela giudiziale che non può subire pregiudizi derivanti dalle capacità economiche.Insomma, la donna vittima di violenze o maltrattamenti ha la possibilità di accedere sempre al gratuito patrocinio, anche se il proprio reddito (o quello del partner) supera i tetti fissati dal decreto ministeriale. In tal modo la beneficiaria non dovrà pagare né le tasse, né la parcella dell’avvocato che la difenderà nel corso del procedimento penale e/o civile (per il risarcimento del danno) contro l’aggressore. L’agevolazione serve infatti a incentivare le denunce dei reati che si consumano nell’ambito familiare.

Il gratuito patrocinio senza limiti di reddito per le donne vittime di reati come i maltrattamenti in famiglia si applica anche ai procedimenti in corso all’entrata della legge del 2013 che ha istituito tale diritto (seppure senza efficacia retroattiva, quindi solo per le attività professionali poste dopo l’approvazione della riforma).

Oltre alle donne vittime di maltrattamenti in famiglia, sono altresì ammessi al gratuito patrocinio senza alcun limite di reddito i seguenti soggetti:

  • vittime di violenza sessuale (ovviamente la tutela è estesa sia agli uomini che alle donne);
  • vittime di stalking (anche in questo caso la tutela è estesa sia agli uomini che alle donne);
  • vittime di maltrattamenti contro familiari e conviventi
  • vittime di pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili e da reati commessi in danno di minori;
  • figli minorenni o i figli maggiorenni economicamente non autosufficienti che sono rimasti orfani di un genitore a seguito di omicidio commesso alternativamente dal coniuge, anche legalmente separato o divorziato oppure dall’altra parte dell’unione civile, anche se l’unione civile è cessata o ancora dalla persona che è o è stata legata da relazione affettiva e stabile convivenza. Tale deroga è operativa dal 16 febbraio 2018 e riguarda tutti i procedimenti civili derivanti da reato, compreso quello esecutivo.
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