Sgominata dalla polizia postale una rete di pedofili italiani. Su una nota piattaforma di messaggistica scambiavano materiale pedopornografico. Oltre 200 investigatori del Centro nazionale di contrasto alla pedopornografia online e del Compartimento polizia postale e delle comunicazioni di Torino conducono la più grande e complessa operazione di polizia degli ultimi anni. L’obiettivo è quello di contrastare la pedopornografia online, con il coordinamento della procura di
Sono state eseguite 50 perquisizioni e arresti in 15 regioni italiane, per detenzione, diffusione ed in alcuni casi, di produzione di materiale pedopornografico. Secondo quanto riferito dalla polizia, la capillare attività di indagine, fatta anche attraverso veri e propri pedinamenti virtuali, ha consentito di dare una identità certa ai nickname. Erano utilizzati in rete dai pedofili, portandoli allo scoperto e fuori dall’anonimato della rete“.
Ingente il quantitativo di file sequestrati. Contengono immagini raccapriccianti di abusi su minori. Ritraggono vere e proprie pratiche di sadismo dove le vittime erano anche neonati.
Il materiale illegale, precisa la polizia, è risultato essere molto diversificato. Passa da foto che rappresentavano scene di nudo ad altre con contenuti raccapriccianti. Ritraggono vere e proprie violenze sessuali dove le vittime erano spesso neonati. In alcuni casi si è riscontrata la presenza di materiale autoprodotto in ambito familiare.
L’orrore correva negli angoli più oscuri e putridi del web. Tra le migliaia di immagini di vittime degli abusi sessuali c’erano persino quelle di neonati. Come se non fossero bastate quelle con i minorenni. O le altre che immortalavano veri e propri atti di sadismo. Come riferisce l’Ansa, tra le 50 persone indagate, tre residenti nel Nord-Est sono anche stati arrestati: la cattura non era prevista, ma gli investigatori, nel corso della perquisizione, hanno trovato una quantità tale di file da rendere opportune le manette. A carico di un quarto soggetto, di casa in Emilia-Romagna, è stato spiccato un ordine di custodia cautelare: si è scoperto che si autoproduceva il materiale violentando una sua piccola parente, una bambina. Un quinto, infine, era già in cella a Torino: una vecchia conoscenza della polizia postale, visto che, secondo le accuse, commetteva degli abusi sulle figlie minorenni degli amici.
Infatti, la “community” è stata scoperta dalla polizia postale del compartimento del capoluogo piemontese (dove per ora è radicata la competenza territoriale e dove abitano due degli indagati a piede libero) e del Centro nazionale di contrasto alla pedopornografia online. Un gruppo composto da uomini (nessuna donna) di età compresa fra i 19 e i 55 anni: disoccupati, studenti, lavoratori dipendenti, gente apparentemente insospettabile. Per scambiarsi foto e video, dalle scene di nudo ad attività che gli stessi inquirenti hanno definito “raccapriccianti“, si servivano dei canali di una nota piattaforma di messaggistica istantanea, nascondendosi magari dietro sigle come Pthc, che per gli specialisti della perversione significa “pre teen hard core”. Ma in molti casi sono stati traditi dalle loro stesse inclinazioni: “Di questo tipo di materiale illegale- raccontano all’Ansa gli investigatori- esiste un protocollo di categorizzazione condiviso a livello internazionale, cosa che permette di creare una vera e propria profilazione dei soggetti in base ai gusti e alla modalità di interazione nella rete. Funziona, per esempio, nei casi in cui emergono pratiche di sadismo. O dove compaiono animali“.
“La cooperazione internazionale ha giocato un ruolo importantissimo”, sottolinea all’Ansa Fabiola Silvestri, dirigente del compartimento di Torino della polizia postale. Dal Canada, il Ncecc-National Child Exploitation Coordination Center ha fornito delle indicazioni preziose. L’abilità degli agenti ha fatto il resto: prima sono state isolate le posizioni dei singoli nickname, recuperando il materiale che avevano condiviso ed estrapolando le connessioni Ip; poi sono scattate la setacciatura dei dati e i “pedinamenti virtuali“, che hanno portato, alla fine, a dare un nome e un cognome agli internauti. All’operazione hanno preso parte duecento investigatori della polizia postale. Detenzione, diffusione e anche produzione di materiale pedopornografico sono i reati per i quali si procede.
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