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Scuola abbandonata dal governo e nel caos : E’ tempo di sciopero.

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di Doriana D’Elia
È tempo di sciopero: numerosi comitati di docenti, costituiti giuridicamente sul territorio italiano, e sostenuti da gruppi spontanei si son riuniti in una forma di protesta che ha invaso l’intero stivale al grido di “Adotta un docente immobilizzato titolare fuori provincia” anticipando lo sciopero generale indetto dai maggiori sindacati nazionali della scuola: Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, per farsi ascoltare. Un evento lanciato in forma online che ha dato appuntamento ad un gruppo eterogeneo per provenienza di insegnanti che si sono uniti per una protesta pacifica col fine di sollevare la questione sulle limitazioni oggettive nei trasferimenti interprovinciali del corpo docente. L’iniziativa vuole sensibilizzare l’opinione pubblica e solleticare su soluzioni che se adottate potrebbero garantire maggiore continuità e stabilità nel sistema scolastico. A dichiarare le motivazioni dell’iniziativa il vicepresidente del comitato Movimento Docenti di Caserta, Ylenia Franco: «Il Movimento Docenti Caserta è nato a settembre 2019, in seguito all’ennesima delusione per gli esiti negativi dei trasferimenti interprovinciali, i pochi posti assegnati quasi esclusivamente a possessori di precedenze. A causa di ciò e alle sempre più esigue percentuali destinate agli spostamenti tra province diverse, si è sviluppato un forte sentimento di protesta e la fondazione del nostro movimento locale. Il nome è strettamente collegato al nostro obiettivo: un Movimento che permetta ai docenti di tornare nella propria provincia, Caserta. Successivamente – continua la professoressa Franco-, si sono uniti a noi comitati di altre province e gruppi spontanei di insegnanti immobilizzati fuori provincia di residenza. Abbiamo iniziato insieme una intensa campagna di informazione usando i social e cercando confronti con i politici, gli unici che possono agire concretamente sulla situazione. Il nostro Movimento non è nato per favorire le lamentele o attaccare chi è al governo, ma anzi per proporre soluzioni fattibili e utili, cercando il confronto. Siamo determinati ad andare avanti». Ma chi sono i docenti che hanno preso parte all’iniziativa? Sono tutti quegli insegnanti che dall’anno della immissione in ruolo si sentono precari: di ruolo per legge, ma precari nell’animo, a causa di un senso di immobilizzazione dato dai diritti acquisiti col contratto a tempo indeterminato che li limita nella scelta della sede ottimale alle proprie esigenze. Chi per vari motivi si ritrova una sede lavorativa fuori dalla propria provincia di residenza avrà poi le beghe di vedersi ridotte del 70% il diritto allo spostamento. La battaglia che in questi giorni gli insegnanti immobilizzati stanno portando avanti non è una mera rivendicazione dei singoli, ma piuttosto una lotta per il riconoscimento di diritti che sono alla base del funzionamento ottimale della scuola. Gli insegnanti precari, immobilizzati e soprattutto quelli specializzati sul sostegno hanno un ruolo fondamentale nel sistema scolastico, perché contribuiscono alla didattica, alla crescita degli alunni ed al supporto indispensabile per tante fragilità di cui da sempre si assume coscienza. La stabilità indica anche percorsi più chiari per le famiglie e per gli alunni che necessitano di un accompagnamento speciale per garantire un pieno sviluppo delle potenzialità di tutti, a cominciare dai più fragili, che nella scuola sono non solo gli alunni e le famiglie, ma anche gli insegnanti che da anni non ottengono risposte in termini di certezza e rispetto. È il caso dell’insegnante di Marcianise, Antonella Farina, che è dopo 13 anni si vedrà nuovamente negata la possibilità di ricongiungersi alla sua terra il prossimo 26 giugno, data degli esiti della mobilità territoriale. «Sono Farina Antonella, specializzata sul sostegno, ho fatto la mia lunga gavetta a Roma. In 20 anni di insegnamento ne ho viste passare di “acqua sotto i ponti”, la mia vita l’ho trascorsa aspettando un treno e poi un pullman. Inoltro la domanda di mobilità ogni anno ma ottengo sempre lo stesso esito da ormai 13 anni: negativo. Perché voglio esser adottata? Perché gli anni passano e i viaggi aumentano e con essi la sensazione di non appartenere ad una sola terra e sentirsi orfana, la richiesta di adozione è una protesta pacifica e irriverente agli esiti che a breve usciranno e la consapevolezza che in questo stato emergenziale lo Stato poteva intervenire con misure urgenti per limitare gli spostamenti tra regioni. Vogliamo solo far valere i nostri diritti al lavoro e in questa fase il nostro diritto alla salute».
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