Le numerose richieste di reddito dal diritto di cittadinanza stanno spingendo il governo a redigere un apposito formulario per avviare la procedura di rinuncia auspicata, secondo una prima stima, da un numero di persone variabile tra le 60mila e le 130mila unità, ma si tratta di numeri da prendere con le pinze perché ancora, come ci ha confermato l’Inps, il fenomeno non è misurabile.
Contestualizziamo il fenomeno
Le domande di reddito di cittadinanza presentate al 30 aprile sono state 1.016.977, la Campania è la regione che più ha sollecitato questa misura (172.175 richieste), seguita dalla Sicilia (161.383) e dal Lazio (93.048).
Queste 3 regioni, da sole, compongono oltre il 40% delle richieste.
Molise (6.388), Trentino-Alto Adige (3.695) e Valle d’Aosta (1.333) sono le regioni che meno confidano nell’aiuto di stato.
L’Inps ha potuto analizzare poco meno della metà delle richieste (472.970), 335mila delle quali (il 71%) hanno decretato l’erogazione di un importo superiore ai 300 euro, il 21% delle quali persino al di sopra dei 750 euromensili. Il vituperato assegno da 40 a 50 euro è toccato al 7% dei percipienti.
A fare richiesta sono soprattutto gli over 40 (circa il 60% delle domande), il 22,4% delle domande è stato avanzato da persone nella fascia d’età che va dai 25 ai 40 anni e il 14,5% da persone che hanno più di 67 anni. Il 3% circa delle domande è stato formulato dagli under 25.
I motivi della rinuncia
Da noi contattato, l’Inps ha confermato che è al vaglio l’allestimento di una procedura per la rinuncia al reddito di cittadinanza, non prevista fino a oggi e richiesta con insistenza dai cittadini i quali, mediante i Caf, stanno cercando le informazioni utili per recedere dalle domande presentate. Un comportamento troppo fresco per avere numeri precisi ma reale.
Al momento attuale possiamo però abbozzare alcuni motivi per i quali, tra i richiedenti, c’è chi ha ingranato la retromarcia.
Troppi controlli e denaro al di sotto delle attese.Percepire il reddito di cittadinanza prevede di sottostare ad alcuni obblighi, a cominciare dalla Dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro (DID) e la sottoscrizione di un Patto per il lavoro e l’inclusione sociale. Quest’ultimo, in particolare, prevede che il richiedente si presti a compiti di pubblica utilità, alla riqualifica professionale o al completamento degli studi.
La prima considerazione da fare è che, sotto la voce “povertà” o “esclusione sociale” il sito Istat dispone di una lunga serie di rapporti e cifre, il cui totale più fresco parla di 5 milioni di italiani interessati da disagi economici di varia intensità. La risposta popolare al reddito di cittadinanza è stata di gran lunga inferiore alle attese, anche moltiplicando per un coefficiente di 2,5 (persone per nucleo famigliare) il numero di richieste, si arriva a una platea di richiedenti poco superiore ai 2,5 milioni di persone, suppergiù la metà degli italiani in difficoltà. Qualcosa non quadra, anche mostrando fede cieca nel numero di meno abbienti dichiarato dall’Inps e sventolato con orgoglio a inizio febbraio del 2019 quando il ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, nonché ministro dello Sviluppo Economico (e vicepremier) Luigi Di Maio, ha mostrato la prima carta per il versamento del reddito di cittadinanza.
La volontà di rinuncia si sta esprimendo proprio in questi giorni, nel pieno della “fase due” dell’iter per la concessione del reddito, quella che prevede i controlli a carico dei richiedenti.
Si può quindi dedurre, per il momento almeno, chepermettere all’Inps di setacciare redditi e possedimenti e, nel contempo, prestarsi senza troppe riserve a un impiego, sono deterrenti che spingono alcuni percipienti a non proseguire con la domanda. Il santo non vale la candela.
I furbetti dell’aiuto di stato
La legge 26/2019 recante disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni è stata definitivamente approvata dal Senato lo scorso 27 marzo, per poi essere pubblicata sulla Gazzetta Ufficialeil 29 marzo 2019.
Pochi giorni dopo, durante il primo scorcio di aprile, il legislatore si è trovato confrontato con il fenomeno delle false separazioni, fatte da coniugi in perfetto stato di salute amorosa, nel tentativo di strappare qualche euro in più dallo stato (ovvero dalle tasche dei propri concittadini).
C’è quindi un movimento sotterraneo fatto di sotterfugi e artifici, mediante i quali i cittadini hanno cercato diinserirsi nelle crepe del sistema. Ora, probabilmente anche tra questi, c’è chi ripercorre la crepa a ritroso.
Lascia un commento