Come si sente un donatore di midollo sapendo che con un suo gesto può salvare una vita? E cosa prova, invece, chi al contrario riceve questo dono? Paure, dubbi, gratitudine sono emozioni che travolgono chi in qualche modo è coinvolto nell’atto della donazione. Per capirlo abbiamo intervistato una donatrice Giulia e un ricevente di midollo osseo che raccontano la loro esperienza proprio in questi giorni per alzare l’attenzione su CasertaKest’è, la campagna per la sensibilizzazione alla donazione del midollo osseo e delle cellule staminali emopoietiche che si svolge dal 21 (Giornata mondiale dei donatori di midollo osseo) al 29 settembre, in 150 piazze italiane.
“ Una bellissima notizia. È stato un bellissimo esempio quello della nostra giovane concittadina Giulia Natale, che ha donato dalla cresta iliaca, un procedimento un po’ più fastidioso e lungo ma preferito quando il destinatario è un paziente pediatrico. Orgogliosi, nella giornata di ieri, si è prestata presso il Policlinico di Napoli all’espianto di cellule staminali dalle creste iliache al termine di una lunga serie di esami e accertamenti medici che hanno confermato l’unicità e la tipizzazione del suo tessuto osseo“. Così, la dott. Daniela Petrache , coordinatrice giovani di Caserta kestè .
“E’ successo tutto per caso – racconta Giulia, . Un giorno di ottobre ho visto uno stand organizzata dall’ADMO a Caserta. Ammetto di essermi iscritta alla leggera, rassicurata da quell’unica possibilità su 100.000 di risultare compatibile e mai avrei pensato che poco tempo dopo, qualcuno avrebbe avuto bisogno di me. A Maggio ho ricevuto una telefonata dal policlinico di Napoli con cui mi comunicarono che ero risultata compatibile con un paziente che aveva necessità di affrontare un trapianto, di cui non avrei potuto sapere niente per privacy. Con l’emozione e la preoccupazione del caso andai a fare le analisi che mi erano state richieste per valutare effettivamente la compatibilità che era stata riscontrata. ”
“A Settembre sono stata contattata nuovamente – prosegue la giovane donatrice – in quanto ero risultata la più compatibile in un pool di potenziali donatori che, come me, avevano affrontato questa seconda fase di analisi. È iniziato così il mio percorso: ho fatto più di 50 prelievi, esami di ogni tipo, ecografie, rx e ancora prelievi almeno una volta alla settimana. Oggi, dopo un mese, ho effettuato l’espianto delle cellule staminali dalle creste iliache. Non è stato facile, ma tutte le mie preoccupazioni (e chi mi conosce sa che non sono mai poche) sono passate in secondo piano grazie a tutta l’équipe di medici che mi ha seguita dall’inizio alla fine, grazie a tutti i sorrisi che mi hanno regalato, alla gioia che mi hanno fatto vivere raccontandomi di tutte le esperienze dello stesso tipo che loro affrontano quasi ogni giorno.“
“Hai donato una nuova vita con l’atto più nobile che l’uomo possa fare mi ripetevano e ripetono ancora adesso. Io non so chi tu sia, non so dove sei, non so come sono fatti i tuoi occhi, ma ti auguro tutto il meglio che possa offrirti questa “nuova vita”; ti auguro di vivere ogni tipo di emozione, – conclude Giulia – che insieme a te vivrò anche io.“
La donazione da cresta iliaca
Mentre nella maggior parte dei casi il midollo si preleva direttamente dal sangue,Giulia ha fatto una donazione da cresta iliaca che comporta per il donatore il ricovero ospedaliero un giorno prima, espianto in anestesia generale e dimissioni il giorno seguente. Hai avuto paura? “No, perché nessun medico metterebbe mai a rischio il donatore. Infatti, prima di confermare l’espianto, sono stata sottoposta ad una serie di colloqui, esami ed analisi per testare la mia volontà al dono e verificare la mia salute. Solo quando sono risultata idonea, è stata confermata la data di espianto. Naturalmente durante l’intervento non ho sentito nulla, ma al risveglio la sensazione è stata quella di un peso di 30kg nella zona lombare che mi limitava in ogni movimento. Al rientro in camera dopo l’espianto, gli infermieri mi hanno chiesto di spostarmi autonomamente dalla barella al letto e sono riuscita a farcela, in modo lento e cauto. Quindi il dolore che sentivo non era poi granché”.
Donare, un percorso denso di emozioni
Come ti ha fatto sentire l’aver donato? “A più di un mese dalla donazione – risponde Giulia – posso dire che non è una passeggiata: è un percorso carico a livello fisico, ma soprattutto a livello emotivo. I primi giorni dopo l’espianto mi sentivo indolenzita e li ho passati a letto, con il pensiero costantemente rivolto alla mio ‘gemellino genetico/a’. Immaginavo in ogni momento della sua giornata, mi sentivo come una sorella maggiore che infondevo forza, perché una parte di me, ormai, faceva parte di lui-lei”. Cosa diresti ai giovani per incoraggiarli a fare lo stesso? “Provate a mettere sulla bilancia 10 giorni in cui ti senti spossato e poi una vita salvata. E quando tu, SOLO TU, puoi cercare di migliorare o addirittura salvare la vita ad una persona che soffre, bambino, adulto o anziano che sia, non ci sono dubbi su ciò che conta di più”, conclude Giulia.
Maurizio, tre trapianti per combattere la malattia
Per ogni donatore, c’è un ricevente che attende con ansia una telefonata che può salvargli la vita. Come è accaduto ad Maurizio, 47 anni, di S.Prisco, in provincia di Ce. Dopo una prima diagnosi di trombocitemia, la malattia è evoluta in mielofibrosi, una forma di tumore che colpisce le cellule del midollo osseo, con una prognosi di sopravvivenza di 5/7anni dalla diagnosi. Dopo aver provato varie cure, nel 2010 è diventato chiaro che l’unica possibilità di guarigione per lui era il trapianto. “I miei due fratelli – racconta Maurizio alla redazione – non erano abbastanza compatibili, così si è cercato un donatore nel registro nazionale e internazionale. Dopo alcuni mesi, è spuntata una donatrice francese, compatibile all’80% e si è deciso di provare. Felicità per la notizia ma paura per quello che mi sarebbe capitato”. Purtroppo, però, dopo l’infusione al controllo la malattia era ancora presente. Perciò, l’uomo si è sottoposto ad un altro trapianto (grazie ad una seconda donazione della donna francese) e poi anche ad un terzo in seguito alla donazione di uno dei due fratelli che risultava compatibile solo al 50%. “È stato un duro colpo: sconforto, delusione e rabbia. Ho fatto fatica, ma sono andato avanti, grazie alla mia famiglia, alla voglia di veder crescere mia figlia e di continuare a vivere”, ricorda Maurizio.
Un calcio alla malattia puntando al torneo regionale
La terza infusione va bene. “Devo ringraziare tutta l’equipe del Centro trapianti del Policlinico Federico II, la mia famiglia che mi ha dato la forza e la voglia di resistere ma soprattutto i miei donatori: senza di loro non sarei sicuramente qui a raccontarlo”.
La campagna Kestè con www.matchitnow.it/
Giulia e Maurizio hanno accettato di condividere le loro storie con Caserta Kestè per rendere più concreta la campagna Match it now, l’evento dedicato alla donazione del midollo osseo e delle cellule staminali emopoietiche promosso dal Centro Nazionale Trapianti, Centro Nazionale Sangue, Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo (Ibmdr), dalla Federazione Admo e dalla Federazione Adoces, in collaborazione con l’associazione Adisco. Dal 21 al 29 settembre, in 150 piazze italiane, sarà possibile ricevere tutte le informazioni sul tema e accedere immediatamente al primo screening necessario per l’iscrizione nel Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo. Sensibilizzare alla donazione è molto importante perché solo 1 donatore su 100.000 è compatibile al 100% con chi è in attesa di trapianto. Chiunque può diventare un donatore di cellule staminale emopoietiche, da midollo osseo o da sangue periferico: basta avere tra i 18 e i 35 anni, godere di buona salute e pesare più di 50 kg.
Nell’edizione 2018 sono stati reclutati e iscritti al Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo 3872 nuovi donatori. Sul portale www.matchitnow.it/ potrai già leggere dell’iniziativa e trovare info su come si dona.
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