Mentre a Caserta si respira l’aria pesante di uno scioglimento ormai dato quasi per certo — con la Commissione d’Accesso che ha già trasmesso al Viminale una relazione da brividi — c’è chi, invece, sembra respirare tutt’altra aria. Un’aria frizzante, aromatizzata da bollicine pregiate e servita su vassoi d’argento.
Sì, perché nelle scorse ore sono stati avvistati alcuni noti onorevoli casertani, sorridenti e rilassati, nel salotto buono della Roma “bene”: il Tartarughino, storico locale dei Parioli dove l’aperitivo si fa glamour e le crisi istituzionali sembrano roba da telegiornale muto.
Tra tartare di tonno, finger food e brindisi sussurrati tra un selfie e l’altro, il pensiero per la città che li ha eletti pareva evaporato come un Negroni al tramonto. Poco male se Caserta è sul punto di essere commissariata per infiltrazioni camorristiche; poco male se i cittadini vivono un presente appesantito da sospetti, degrado amministrativo e un futuro più incerto di un biglietto gratta e vinci.
Del resto, la legge prevede dei tempi e le decisioni arriveranno “quando sarà il momento”, ha detto il ministro Piantedosi. E allora, nel frattempo, perché non ingannare l’attesa con una bottiglia di Dom Pérignon in buona compagnia?
I cittadini casertani, però, non stappano. Non brindano. Guardano, osservano, e magari prendono nota. Perché se è vero che la camorra è il primo problema, è altrettanto vero che l’assenza, il silenzio, l’ignavia istituzionale fanno da fertilizzante alla criminalità.
E se davvero Caserta finirà commissariata, la città dovrà ripartire da zero. Magari anche scegliendo meglio i prossimi rappresentanti, cercandoli non tra chi “spinge il bottone” e poi si dilegua in abiti firmati tra luci soffuse e musica d’ambiente, ma tra chi resta, chi ascolta, chi lotta.
Anche senza tartare.
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