Perché non si spegne in tempo? I nostri cieli sono una nube tossica e non per mero caso.
Stiamo assistendo impotenti ai roghi per cento motivi: proviamo a capire qualcosina ?
La nostra provincia brucia, come in molte parti d’Italia per bloccare le concessioni edilizie che le organizzazioni criminali usano per ricattare le amministrazioni pubbliche e gli imprenditori. Sì proprio così, credevate forse che bruciare servisse a incenerire pini, noci e ulivi per far spazio a palazzotti e ville abusive? Questo accadeva anni fa.
Dopo la legge – quadro per la lotta agli incendi boschivi non si può edificare per 15 anni e quindi cosa fanno i malavitosi? Appena vengono a conoscenza che una zona può diventare edificabile, bruciano per bloccarla. Il messaggio è: prima di decidere se rendere edificabile o meno un terreno bisogna mettersi d’accordo con noi o negoziare un prezzo con noi, altrimenti con il fuoco blocchiamo tutto. Questa è la pratica. Ma la legge, come spesso accade, lascia spazio a strategie in grado di poterla aggirare perché “Le zone boscate ed i pascoli i cui soprassuoli siano stati percorsi dal fuoco non possono avere una destinazione diversa da quella preesistente all’incendio per almeno quindici anni”. Se così recita la legge, sapete cosa spesso accade e soprattutto a sud? Che non vengono definiti, i territori bruciati, zona boscata o pascolo, ma zona agricola. E per le zone agricole la legge non entra in vigore. Quindi bruci e puoi costruire.
Bruciare è la bonifica criminale per eccellenza: si brucia per fare spazio a discariche e ad aree in cui si potrebbe stoccare di tutto. Si brucia perché così le discariche abusive si consumano e bruciando alberi si ha più spazio per poter scavare e creare nuove discariche. L’Italia intera brucia perché le agenzie private, che forniscono sicurezza e monitoraggio del territorio, vengano ingaggiate e preferite alla sicurezza pubblica.
Se non si appalta la sicurezza di un’area boschiva a specifiche agenzie private, la vendetta è il fuoco. Ma si brucia anche per molti altri motivi, privati e di rivalsa personale.
Il fuoco viene appiccato, come mostrano le recenti indagini dei carabinieri, anche per un permesso edilizio non concesso, un divieto di caccia applicato ad aree adibite alla caccia per anni. Ed ecco che il fuoco diventa per organizzazioni criminali, gruppi di pressione e singoli cittadini la soluzione, e lo diventa perché è ormai chiaro che lo Stato non ha possibilità di far fronte all’emergenza. Chiunque voglia oggi esercitare un’azione di ricatto sa che con il fuoco può farlo. E non si tratta di piromania che è una patologia, ovvero ossessione verso il fuoco, ma di calcolo, di freddo calcolo. Spostare il problema altrove è il solito gioco furbo della politica. Addirittura ho sentito un sindaco parlare di “regia unica dietro tutti gli incendi” adducendo come prova di questa sua tesi non fatti, ma sensazioni. Non vorrei fare facile ironia, ma mi tornano in mente le parole del Procuratore della Repubblica (sempre) sulle Ong, su alcune delle quali disse di nutrire sensazioni negative, quasi a Catania dai rubinetti uscissero sensazioni al posto dell’acqua. Questa sembra una digressione polemica, invece serve proprio a mostrare come la politica (in senso lato) abbia sempre tutto l’interesse a spostare il problema altrove per continuare a non dare risposte e soprattutto per allontanare da sé ogni possibile responsabilità.
E all’Italia che brucia la risposta è “disegno eversivo”, “regia unica”, “attacco alla politica” e non politica distratta, assente, incapace.
Quando il territorio viene devastato dalle fiamme, la politica tende a rispondere in due modi, o trattando gli incendi alla stregua di calamità naturali (come terremoti o eruzioni, e davvero il Vesuvio sembrava stesse eruttando) o come cospirazioni, menti occulte e braccia manipolate da regie massoniche. In realtà, come al solito, le dinamiche sono diverse, più complesse, ma anche alla fine riconducibili a una certa razionalità, certo criminale, ma spiegabile senza scomodare complottismi di sorta.
Quindi nonostante la notizia attiri molti click, e tutti i media possibili l’abbiano riportata, non esistono gattini infiammati che correndo devastano intere aree boschive, niente autocombustione o sigarette accese, ma inneschi chimici preparati ad arte e posizionati laddove è più difficile arrivare. E posizionati a favore di vento (come fatto sul Vesuvio).
I luoghi comuni sugli incendi sono moltissimi. Il credere anche che sia facile poterli spegnere. Ma come? Il Vesuvio brucia e non si può spegnere il fuoco con l’acqua del mare? Be’, l’acqua spegne le fiamme, ma nulla può contro il combustibile, quello solo la schiuma può neutralizzarlo. Ma con il mare così vicino perché non usare quell’acqua a disposizione? L’acqua marina, poiché salata, può causare desertificazione, quindi non è possibile utilizzarla in aree su cui si prevede un lavoro di riqualificazione boschiva.
Per paradosso la cenere concima e l’acqua marina che spegne le fiamme rende sterile il terreno.
Abbiamo provato a sfatare solo alcune delle bufale più diffuse sull’origine dei roghi perché da cittadino non accetto che mi si raccontino fandonie, ma la realtà è che il fuoco è strumento economico di “bonifica criminale”. Ogni zona ha i suoi gruppi criminali che bruciano. Bande che vogliono ottenere appalti in cambio della sicurezza delle zone boschive (o mi dai l’appalto o brucio tutto); clan che attraverso il fuoco rendono inedificabili i terreni da cui vogliono ottenere percentuali sulle concessioni edilizie e i lavori di costruzione; e ancora con il fuoco le organizzazioni trasformano parchi nazionali in spazi ideali per le discariche abusive (da materiale plastico a stoffe, rifiuti speciali il cui smaltimento comporta oneri che le aziende aggirano appaltando alla camorra).
Dai Colli Tifatini al Vesuvio fino alla riserva degli Astroni, ormai distrutta per oltre un terzo, da Roma alla Maremma, alla Costiera Amalfitana, l’Italia brucia come ogni estate con la differenza, significativa, di un dato allarmante che dovrebbe imporre alla politica una seria autocritica: in un solo mese, da metà giugno a oggi, in Italia è andato in fumo tutto quel che è bruciato nell’intero 2016. Quindi nessuna regia unica o piano eversivo, ma solo ciò di cui non si vuole parlare, mai: il fuoco come declinazione – l’ennesima – dell’economia criminale che può esistere perché il territorio è in balia di se stesso senza alcuna seria possibilità di prevenzione, previsione, monitoraggio e intervento. E poi c’è chi, sempre per evitare di affrontare il problema dalla prospettiva più razionale, tira in ballo il tema della militarizzazione del corpo forestale, mostrando il camaleontismo tipico della politica che prima denuncia gli sprechi e poi, quando si prova ad arginarli, trova che il metodo è sbagliato solo perché sotto quel decreto non c’è la propria firma ma quella della forza politica antagonista. Meglio dire “sbagliato aver militarizzato la Forestale” (nonostante le competenze non si siano perse), che impegnarsi per concedere ai Carabinieri Forestali maggiori strumenti per la prevenzione e ragionare sui mezzi mancanti per far fronte alle fiamme.
Ora, in un Paese come l’Italia, dove i grandi ambiti di investimento e riciclaggio delle mafie sono oltre al narcotraffico proprio edilizia e rifiuti, trattare gli incendi alla stregua di calamità naturali è da dilettanti della politica. Già immagino chi dirà: ma come non vedi quanto l’Italia sia colma di turisti? Perché non dai alla politica e alla gestione del territorio il merito di aver fatto da pull factor per il turismo internazionale. Come è possibile – mi domando io, invece – che chi parla di turismo non abbia capito che l’Italia è meta residuale? Che non potendo andare altrove per timore di attacchi terroristici si viene in Italia dove peraltro, causa incendi, in Sicilia e in Toscana sono state evacuate strutture turistiche? L’assalto turistico non avviene perché è migliorata l’accoglienza, perché sono migliorati i trasporti (provate a raggiungere Puglia o Calabria in treno…), ma perché altrove per paura non si va più.
Oggi di fuoco si parla perché non è possibile ignorare quello che sta accadendo, ma non un politico che abbia descritto la situazione in maniera realistica. Anche il fuoco è usato per scopi elettorali, ma dopo aver cavalcato il disagio e l’indignazione non sarà più un argomento spendibile perché non porta voti: gli eco-reati sono percepiti come secondari rispetto alla disoccupazione, salvo poi non fare mai i conti con l’impossibilità di avere una economia florida in un Paese in cui l’economia criminale è in continua espansione. E se oggi la colpa è dei piromani, della militarizzazione del Corpo forestale, se oggi c’è un piano eversivo, se c’è una regia unica, domani in mancanza di bufale, fake news, pre e post verità, resterà solo puzza di bruciato, devastazione e silenzio. E dove c’è silenzio crescono i clan. L’estate non è ancora finita, ai prossimi incendi…
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