A oggi, il «NO» in pillole, ha trattato aspetti di natura tecnica come il ruolo del Senato, l’asimmetria legislativa – territoriale che caratterizza i nuovi senatori, la duplicazione istituzionale tra il Senato delle regioni e il Comitato delle Regioni presso Bruxelles. Oggi invece guarderemo la riforma sotto un’altra prospettiva. Non più tecnica ma prettamente sociale.
Cosa pensa la gente di questa riforma? Le gente comune, quella che incontri per strada, quella che determina il successo o il fallimento del referendum. Il popolo per intenderci. Quello che non ha né tempo né voglia di leggere la Costituzione, e quindi vota per sentito dire. Si disprezzano tanto i discorsi da bar, ma è nei bar che si vincono le elezioni. Perché di elettori informati ce ne sono pochi, il diritto di voto però ce l’hanno tutti. Anche quelli del bar.
E fra i tanti discorsi da bar, appunto, c’è chi dice che votare “Sì” significa cambiare. Su questo non c’è ombra di dubbio: una riforma, per definizione, modifica gli assetti in essere per riproporne nuovi. Quindi, il nuovo che avanza di Matteo, sembra affermarsi, sembra fare un passo in più.
La domanda da porsi però è un’altra: si farà un passo in avanti o un passo indietro?
Se vince il “Sì”:
- Gli italiani non avranno più l’opportunità di votare i senatori (opportunità che oggi è preclusa lo stesso, ma dalla legge ordinaria e non dalla Costituzione. Aspetto tutt’altro che banale);
- Il Senato diventerà ibrido: eletto dalle Regioni ma in alcuni casi rappresenta anche lo Stato (quando la funzione legislativa è bicamerale o quando si vota il presidente delle Repubblica, ad esempio). La ragionevolezza di questo nuovo assetto è tutta da scoprire;
- La stabilità politica del Senato sarà pressoché assente. Il nuovo art. 66, infatti, prevede che «Il Senato della Repubblica prende atto della cessazione dalla carica elettiva regionale o locale e della conseguente decadenza da senatore». Questo significa che la composizione del Senato sarà variabile. Il consigliere – senatore X della Regione Y difficilmente completerà un intero mandato in quanto la sua permanenza in Senato non sarà associata al Governo e alla sua durata ma alla Regione che rappresenta. In altre parole, un Senato che traballa, troppo sensibile alla politica regionale che si riflette sul funzionamento di un’istituzione nazionale;
- I sentori saranno eletti indirettamente. Proprio come i consiglieri provinciali: scomparsi dal dibatto politico odierno ma che continuano a decidere per la collettività.
Se vince il “No” tutto questo non accade perché, tutto, rimarrà così com’è oggi. E credo sia meglio: perché anziché fare un passo indietro, io preferisco rimanere fermo.
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