Signor Mattarella,
il 2 giugno ha voluto celebrare la festa della Repubblica con una “gita” a Codogno, capitale della tragedia nazionale.
Credo che il Suo appello all’Unità, lanciato in quella sede sia stato un inopportuno omaggio alla forma.
Non Le sfugge, infatti, che l’argomento unitario è saltato grazie alle contrapposizioni sociali esasperate dal Governo da Lei scelto in sprezzo di ogni diversa indicazione elettorale e grazie alla valanga di scandali in forza dei quali le distanze fra Paese Reale e Paese Legale sono ormai sempre più nette.
Il Suo impegno in quell’area avrebbe dovuto maturare durante la conta dei lutti e non in un momento in cui assume il solo significato di adempimento ad un onere di facciata.
Volendo accreditare di un qualche significato il Suo viaggio, avrebbe dovuto a Codogno testimoniare una solidarietà tardiva ed esprimere:
il rispetto per le decine di migliaia di Vittime esigenti Giustizia e Ristoro, ancor più per essere stata la loro morte precipuamente causata dalla condotta sconsiderata del Governo;
le scuse per le Garanzie pretestuosamente negate per mesi dal Governo;
la partecipazione alla indignazione corale dell’intera Italia, isolata e disprezzata dal contesto internazionale per responsabilità imputabili al solo screditato Governo;
la condivisione della sofferenza di Genti private brutalmente di Affetti precipitati nella drammatica reciprocità delle solitudini, insultate da frettolose cremazioni disposte dal Governo;
l’impegno a riconsegnare agli Italiani la Dignità scippatagli dal Governo;
la promessa di un MAI PIU’ e per nessuna ragione Alienazione delle libertà, arbitrariamente sospese dal Governo;
il disagio per il tracollo morale delle Istituzioni e per le ambiguità del Governo;
l’orgoglio del ritorno alla Sovranità ed alla radice identitaria soppressa dal Governo;
il patto di restituire al Popolo il diritto al voto rinviato sine die dal Governo;
il dolore per le file innumeri di Italiani costretti al suicidio, alla miseria e alla fame dal Governo;
l’attenzione al disagio di Milioni di nuovi Poveri, cui il Governo nega anche la sopravvivenza:
la censura e l’esecrazione per un Governo che ha scientificamente prodotto una catastrofe epocale;
la consapevolezza allarmata del baratro al quale il Governo conduce il Paese;
la gratitudine per l’onore che ancora Le rendono gli Italiani, ai quali le soverchierie del Governo hanno rubato anche la Speranza,
e soprattutto:
l’esempio, attraverso la rinuncia almeno a parte dei privilegi che stridono con le ristrettezze imposte dalla Casta al Governo.
Allora si: avrebbe potuto valere l’appello all’UNITA’.
E invece si è celebrata non la Repubblica, ma la morte di una Repubblica nella quale, contro la disperazione di un Popolo, vale ancora la farsa di un applauso truccato.
Non è più tempo, Mattarella, di dispensare medaglie e titoli e procedere con retorici proclami.
Non è più tempo, Mattarella, di proporre copioni ripetitivamente demagogici e non accordabili all’urlo della Gente.
La Deontologia e il ripristino dell’Etica pubblica dovrebbe suggerirLe di affrancarci da un Governo provocatoriamente divisivo, squalificato, inadeguato, insufficiente, incompetente e capeggiato da una caricatura di Tribuno neppure eletto.
L’orizzonte è cupo, Mattarella.
E Lei sarà chiamato a farsene carico.
Poiché l’ansia ci lascia presagire altri Morti, altri lutti e altre lacrime.
Sarà Lei a cantare il De Profundis ai Figli di tante Maria Maddalena Bergamas, ricordata con estrema sensibilità ieri dal mio Amico Augusto Sinagra.
Sarà Lei, allora, a darmi un Figlio da piangere.
Sarà comunque figlio mio.
E non sarà la perdita ad indurmi al perdono
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