Montoro (AV) – Sarà inaugurata venerdì 10 novembre2017 alle 19,00, presso il Convento di S. Maria degli Angeli a Torchiati di Montoro, la personale mostra di pittura di RAFFAELE CANORO.
La mostra – che sarà aperta ufficialmente dall’ On. UMBERTO DEL BASSO DE CARO, Sottosegretario di Stato alle Infrastrutture ed ai Trasporti – chiude il terzociclo di MONTORO CONTEMPORANEA,rassegna di mostre personali di pittura, scultura e fotografia. L’iniziativa-ideata e diretta da Gerardo Fiore, e patrocinata dal Comune e dall’Assessorato alla Cultura della Città di Montoro – è rivoltaad artisti di riconosciuta carriera, che si sono distinti sul panorama nazionale,e che intendono donare il proprio contributo alla crescita della collettività verso i linguaggi dell’Arte Contemporanea.
Alla serata, moderata da Sabatino Del Regno, interverranno oltre all’artista:l’On. Umberto Del Basso De Caro, il Sindaco Mario Bianchino, l’Assessore alla Cultura Raffaele Guariniello; Roberta Pirozzi, critico d’Arte; Luigi Caramiello, sociologo; il Direttore della rassegna Gerardo Fiore.
Catalogo della mostra a cura di EDIZIONI ATB CONSULTING, con un testo di Roberta Pirozzi.
La mostra è visitabile fino al 1 dicembre, dal martedì al sabato dalle 19,00 alle 21,00, e su appuntamento.
Contatti: 389 1629853
Scrive Roberta Pirozzi: ‘La pittura è un linguaggio silenzioso perché comunica attraverso il segno, il colore e la forma, messaggi a chi vi si pone al suo cospetto, e che in silenzio ne percepisce il significato. Nelle opere di Canoro non si evoca il silenzio né nelle atmosfere né nelle espressioni dei personaggi. Sì, ci sono gesti di mani che si tappano la bocca, indici che intimano e ammoniscono il silenzio, ma è come se volessero difendersi da un frastuono persecutorio. I molteplici significati che si possono attribuire al silenzio derivano da un malessere causato da una penuria di parole parlanti e da una sovrabbondanza di parole parlate. Nella galassia elettrica ed elettronica dei nostri tempi, il linguaggio è visto come qualcosa di corrotto. La parola è stata pervertita dal suo scopo naturale, che è quello di far comunicare gli uomini. Parlare e ingannare, spesso anche ingannandosi, sono ora quasi sinonimi. Nelle sue Lezioni americane, Calvino scrive: <<Alle volte mi sembra che un’epidemia pestilenziale abbia colpito l’umanità nella facoltà che più la caratterizza, cioè l’uso della parola, una peste del linguaggio che si manifesta come perdita di forza conoscitiva e di immediatezza, come automatismo che tende a livellare l’espressione sulle forme più generiche, anonime, distratte, a diluire i significati, a smussare le punte espressive, a spegnere ogni scintilla che sprizzi dallo scontro delle parole con nuove circostanze. (…) La letteratura e forse solo la letteratura può creare degli anticorpi che contrastino l’espandersi della peste del linguaggio>>. Chissà se basterebbe ancora la letteratura a curare le ferite del nostro secolo, in cui la disumanità politica ha portato alla disumanizzazione del linguaggio.’
Raffaele Canoro nasce a Napoli nel 1946
Con più di cinquant’anni di esperienza alle spalle, Canoro ha insegnato per 43 anni in molte Accademie di Belle Arti, tra le quali quella di Napoli, dove sono passati – lasciando un segno – artisti come Vincenzo Gemito, Filippo Palizzi, Domenico Morelli, Giovanni Brancaccio e Augusto Perez. Fin dagli esordi si intuisce che si tratta di un’arte tormentata e complessa. Da giovanissimo, Raffaele Canoro sentì il forte impulso salvifico, una necessità istintiva a crearsi un grande sogno da perseguire, che ideò attraverso l’arte e la pratica del dipingere. Negli anni, questo ideale si è sempre più fortificato, trasformandosi ed evolvendosi. Fonte di ispirazione è stata la stessa città partenopea: vulcanica, complessa, ricca di contraddizioni e di storia, da cui è derivata quell’espressività dei volti e dei corpi che in Canoro campeggiano prepotentemente nelle sue tele. La sua pittura trae grande motivazione dalla continua denuncia contro la lussuria, l’edonismo, l’effimero: tentazioni sempre in agguato nella società. Il suo sguardo si veste di indagine scientifica rimanendo su un corpo integro, non corrotto; schivando con cura il compiacente naturalismo, l’impassibile iperrealismo ed il limbo dell’avanguardia.
Nel corso della sua produzione pittorica, sono ben visibili le tappe di questi cambiamenti espressivi e stilistici, che contraddistinguono il suo lavoro sempre provocatorio e controcorrente. Dagli anni ’70, dimostrò come si potesse operare sul piano dell’arte e della cultura figurativa percorrendo una strada del tutto autonoma, senza lasciarsi incasellare in schemi e definizioni mercantili, di scuole o indirizzi estetici. Da questi anni in poi, avviene un cambiamento fondamentale che consolida il carattere inquisitivo della sua pittura. Infatti, in seguito c’è stata una vera e propria revisione coloristica, in cui abbandona definitivamente quel senso della pittura popolare e quei colori primari che invadenti interferivano con l’essenza del suo linguaggio; il colore assoluto appare attutito, l’’artista non si lascia più comandare e sopraffare dai gialli e dai rossi che ora riesce a modulare in una tavolozza dalle tonalità più severe e controllate offrendo una quantità maggiore di gradazioni all’osservatore. La sua pittura dunque vien fuori come se fosse una laccatura cinese, cioè da numerose stratificazioni di materia che costruiscono l’immagine continuamente da progressivi riferimenti sottostanti.
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