La legge impone che un randagio va prelevato dal territorio da personale specializzato (accalappiacani) poi sterilizzato e microcippato ed infine dopo una degenza di una decina di giorni – a norma di legge – rimesso in libertà nella stessa zona in cui stazionava, a meno di casi rarissimi nei quali il veterinario dell’ASL non ne certifichi la pericolosità.
A fronte di ciò appare chiaro che il problema non può essere risolto con il semplice prelievo del cane e poi rinchiuso in un canile, perché la legge non lo permette, quindi l’amministrazione dovrebbe mettere in atto tutte quelle procedure alternative per arginare la problematica, prima tra tutte la sterilizzazione per evitare il proliferare di cuccioli.
“Nel fine settimana – scrive l’addestratore cinofilo Antonino Gerace di Ckè – abbiamo ricevuto innumerevoli segnalazioni da parte di molteplici concittadini che lamentano la presenza di tantissimi cani randagi che circolano in città.
Ora, occorre ribadire, che il nostro ruolo “ci impone” di sollecitare l’amministrazione comunale in merito alla risoluzione di gravi problemi che attanagliano la città e che le nostre segnalazioni non vogliono scalfire minimamente il prestigio di nessuno degli amministratori in carica ma, corre l’obbligo, di porre all’attenzione del governo locale, un problema serio che non può essere assolutamente trascurato”.
Ciò premesso chiediamo si sapere come sta operando il servizio di accalappiacani, quali determine sono state adottate per fronteggiare il problema e che notizie vi sono in merito al canile comunale”.
Sappiamo bene che quando un cane viene rinvenuto vagante su un territorio viene trasportato al canile sanitario, il luogo deputato a effettuare la prima accoglienza degli esemplari catturati o ritrovati. Qui l’animale viene sottoposto a una prima visita veterinaria e, se è regolarmente iscritto all’anagrafe canina, la banca dati informatica in cui vengono registrati i cani di proprietà, viene prontamente restituito al proprietario. L’identificazione avviene attraverso la lettura del microchip, un minuscolo apparecchio elettronico che contiene i dati del cane e del padrone, iniettato sottopelle nella zona del collo.
Se il cane non possiede il microchip e se nessuno ne rivendica la proprietà, dopo un periodo di circa 60 giorni (ma il periodo varia da regione a regione), viene prima “microchippato” e iscritto all’anagrafe canina e, successivamente, ricollocato in un canile rifugio: una struttura di più ampie dimensioni destinata ad accoglierlo fino al momento dell’adozione.
Va specificato però che in molte zone d’Italia l’obbligo di legge che impone di identificare il proprio cane con il microchip è poco rispettato. E ciò comporta che se un cane si smarrisce oppure viene abbandonato non c’è niente che possa ricollegarlo al suo proprietario.
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