Il prossimo 24 maggio, a cinque anni dall’enciclica Laudato Si’, ispirata proprio dal dramma terribile della Terra dei Fuochi, Papa Francesco sarà ad Acerra. La speranza – confessa Don Patriciello – è che la venuta del pontefice possa richiamare le istituzioni alle loro responsabilità, iniziando ad affrontare l’emergenza in modo serio, dando risposte a cittadini disperati. Un compito a cui la politica non può più sottrarsi.
Don Patriciello, lei da anni si batte contro lo sversamento criminale dei rifiuti, siete scesi tantissime volte in strada con i comitati civici, cos’è cambiato?
Non è cambiato molto, purtroppo. La questione ambientale non è stata studiata e affrontata in modo approfondito. Il problema dei rifiuti tossici dipende soprattutto dalle tante fabbriche che operano in regime di illegalità e di evasione fiscale; contro di loro non è stato fatto niente. Quando arrivò in Regione, De Luca promise subito che nel giro di due anni avrebbe rimosso l’immondizia da Taverna del Re; ma è rimasta là. Mi sembra che il lavoro più grande lo abbiano svolto i volontari e i comitati. Anche la visita del Papa del prossimo 24 maggio è una risposta al nostro impegno; l’ispirazione per la sua enciclica Laudato Si’ gli è venuta proprio sorvolando la Terra dei Fuochi. Al nostro impegno non ha fatto seguito la volontà politica di affrontare il problema in modo serio.
Pensa che la visita del Santo Padre possa in qualche modo scuotere le incocludenti istituzioni?
Sono convinto che nel giorno della visita di Papa Francesco si faranno tutti quanti avanti, succede sempre così; poi però bisogna vedere se metteranno realmente in pratica le sue direttive. Nella Laudato Si’ il Pontefice ha detto chiaramente che se noi maltrattiamo l’ambiente, rimarremo prigionieri di un ambiente malato; abbiamo il dovere di custodirlo per quelli che verranno dopo di noi. Il mio auspicio è che il Papa possa dare una sferzata. Il problema è squisitamente politico: destinare fondi per le bonifiche, aumentare il personale delle caserme, impiegare telecamere e droni; sono tutte scelte politiche. In questi ultimi tempi il governatore della Regione Campania De Luca e il ministro dell’Ambiente Costa non sono d’accordo su niente; questo non fa bene a nessuno. Dovrebbero trovare un accordo per venire incontro ai cittadini che soffrono. Lo stesso De Luca, che spesso alza la voce, dovrebbe apprezzare il lavoro di informazione svolto da medici e scienziati, penso all’apporto fornito dal professor Antonio Giordano. Vogliono solo dare il loro contributo, non certo sostituirsi alle legittime istituzioni.
La politica cosa ha fatto di concreto per risolvere l’emergenza rifiuti, dopo che nel 2007 le nostre strade inondate dalla spazzatura finirono sui giornali di tutto il mondo?
Quella era la spazzatura urbana; in quel contesto vi fu l’incapacità della politica di gestire la situazione. Il problema della Terra dei Fuochi purtroppo non è legato alla spazzatura urbana, ma a quella industriale. Quando Salvini, all’epoca ministro dell’Interno, venne a Napoli nel novembre del 2018, propose altri cinque inceneritori. In Campania ogni giorno si producono non meno di seimila tonnellate di rifiuti speciali industriali e tossici illegali perché prodotti in regime di evasione fiscale, che quindi non potranno mai bruciare in nessun inceneritore. Se avesse continuato a fare il ministro, ci avrebbe appioppato altri cinque inceneritori che non avrebbero risolto il problema. Il tema è molto complesso e va affrontato nella sua complessità.
Per la seconda volta abbiamo il ministro Costa ha fatto abbastanza o si poteva fare di più, per invertire il racconto della Terra dei Fuochi?
Il ministro ha uno sguardo globale su tutta l’Italia. Ci sono questioni regionali che avrebbe voluto affrontare, ma che sono di competenza squisitamente regionale. In ambito regionale s’è fatto di tutto per dire che la Terra dei Fuochi non esiste, che i prodotti della terra sono buoni, e così via. Credo che in questi ultimi anni si sia un po’ giocato sulla Terra dei Fuochi. Nessuno ha mai detto che i pomodori o altri prodotti non siano buoni, anzi; abbiamo solo chiesto che fosse fatta una mappatura dei terreni per poter affermare con certezza quali sono quelli contaminati e automaticamente quali sono quelli buoni per la coltivazione. Sulle discariche non si coltiva.
Il pentito di camorra Carmine Schiavone, in un incontro le disse che nell’interrare i rifiuti tossici non aveva chiara la percezione della gravità di quell’atto. Cosa pensò in quel momento?
Schiavone disse che saremmo morti tutti; oggi mi sembra quasi una profezia che si sta avverando. Mi raccontò in modo chiaro e dettagliato tutto quello che avevano combinato.Pensate a tutti i siti di stoccaggio che sono bruciati in questi anni, non può essere un caso. Ci sono tante cose che non tornano. A Schiavone ho sempre creduto, perché i camorristi sono sanguinari, non hanno pietà di nessuno e non amano nessuno, nemmeno i loro figli, ma non sono chimici né industriali. Erano gli industriali quelli che sapevano bene cosa stavano interrando, non certo Schiavone. I camorristi però erano furbi, scaltri; sapevano che per essere pagati così tanto c’era qualcosa che non andava in quei rifiuti.
Lascia un commento