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La preside dell’Istituto Morano di Caivano è divenuta un simbolo

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A Caivano, un paesino di 37 mila abitanti a Nord di Napoli, dove la dispersione scolastica raggiunge i livelli più alti d’Italia, c’è una preside divenuta simbolo dell’Istituto Morano di Caivano, il suo nome Eugenia.

Eugenia Carfora è la preside della struttura scolastica che si trova nel Parco Verde, una delle piazze di spaccio più grandi d’Europa. Lì in mezzo ci sono droga, prostituzione, degrado. A ogni ora.

È dedicata a lei è stata dedicata  la puntata che è andata in onda sabato 27 ottobre, del programma Dieci Comandamenti su RaiTre, condotto da Domenico Iannacone.

Come titola il servizio, gli studenti che varcano la soglia del suo istituto, per Eugenia Carfora sono come dei figli, che ogni giorno allontana dalla strada a costo di andare a cercarli uno ad uno. Inizia prima del suono della campanella d’inizio.

«Esco subito, comincio a girare per i bar, vado a cercarli, a chiamarli uno per uno, vado loro incontro quando li vedo in fondo al marciapiede». Solo quando chiude il portone d’ingresso dell’istituto e loro sono tutti dentro, Eugenia può tirare un sospiro di sollievo. «L’ansia mi passa e sono certa di poter fare qualcosa per loro», racconta nel corso della puntata mentre cammina per i corridoi della scuola.

«È una realtà molto difficile», continua Eugenia, che conosce a memoria tutti i cognomi degli studenti. «Quando sono arrivata sei anni fa gli studenti erano 719, ma in realtà i veri iscritti erano la metà: c’erano ragazzi che venivano riscritti da anni solo per avere un organico gonfiato. Di questi 380, almeno 90 li abbiamo persi per strada. Non vengono più, ed è il mio grande dolore, perché la sfida qui è portarli davvero dentro le classi».

https://www.facebook.com/Idiecicomandamenti/videos/326540151489506/UzpfSTEwMDAwMjI4ODgzOTU4ODoxOTQyOTYxODU5MTIzNDIz/

I professori che arrivano a Caivano spesso si scoraggiano. «Qui ci vorrebbero i professori migliori d’Italia, i più motivati. Invece spesso arrivano persone che non riescono a reggere questo ambiente e non vedono l’ora di andarsene», continua la preside che per tenere il punto all’interno dell’istituto ha inserito un regolamento vero e proprio. «Cerco di far capire che ogni azione ha una conseguenza: arrivi in ritardo, chiamo la famiglia, non hai consegnato il cellulare, veniamo a chiedertelo». E se potesse, in quella scuola che quando lei non c’era era occupata dalla famiglia del custode, Eugenia Carfora gli studenti terrebbe anche a dormire lì dentro. «Farei di tutto per evitare che si perdano là fuori».

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