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La mano della camorra sulla spiritualità.

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NAPOLI, 21 FEB – Sono state sequestrate a Napoli 11 edicole votive abusive e legate all’Alleanza di Secondigliano, costruite nei quartieri VastoArenaccia e San Carlo all’Arena a seguito di fatti di sangue e persone legate al cartello camorristico del “sistema”.

Gli 11 decreti di sequestro sono scattati questa mattina, per mano dei carabinieri dei nuclei investigativo e tutela del patrimonio culturale, insieme agli agenti della polizia locale partenopea. Non curante del danneggiamento che avrebbero potuto provocare a beni storici e archeologici, la camorra ha allestito le sue edicole votive anche su una colonna portante del tratto dell’acquedotto romano dei “Ponti Rossi”, nel quartiere San Carlo all’Arena di Napoli.

Dalle indagini, coordinate dal procuratore Giovanni Melillo, sono emersi nomi eccellenti ai quali sono ricondicibili le 11 edicole votive sequestrate oggi: Pietro Licciardi, figlio di Gennaro, detto “à scigna” (la scimmia, ndr) fondatore dell’omonimo clan, il boss Patrizio Bosti e la famiglia Aieta, tutti importanti componenti l’Alleanza di Secondigliano.

Sulla questione è intervenuto il presidente della commissione Anticamorra della Regione Campania, Gianpiero Zinzi dichiarando: “Il sequestro di undici edicole votive ritenute riconducibili a persone legate ai clan locali è un altro importante segnale della presenza dello Stato e che va nella direzione di ripristinare la legalità sul territorio. Questo è il modo migliore per ricordare alle tantissime persone perbene che la Città appartiene a loro e non ai criminali“.

Le indagini scattate dopo il sequestro di statue sacre

Le indagini, coordinare dalla procura di Napoli, sono iniziate l’anno scorso dopo il sequestro di tre statue sacre del ‘600, precedentemente collocate nella dismessa chiesa della Santissima Maria del Rosario di via San Giovanni e Paolo, trovate nella disponibilità delle famiglie mafiose MallardoBosti e Contini. Erano in un box dopo gli abitanti del quartiere, dove la gente andava a pregare per la liberazione dei carcerati del clan. Sotto alle statue, c’erano anche i nomi dei pregiudicati ai quali erano intitolate.

 

 

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