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La Finanza e la Prefettura di Napoli rilevano che il comune non ha ancora recuperato da Messore il milione e 600 mila€ che deve da sentenza definitiva

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Caserta Kest’è ! Ebbene si, cari lettori, questi siamo noi, che da anni, coerentemente con la nostra coscienza, raccontiamo la verità, quella che pochi, pochissimi, hanno il coraggio di raccontare e che noi, attraverso fatti e documenti inequivocabili mettiamo a vostra disposizione delineando  il modus operandi  di questa amministrazione  comunale .

Infatti, Caserta Kest’è  ha deciso di rendere noto tutto ciò che gli altri cercano di non farvi sapere e quindi andare in fondo alle problematiche senza “sottomettersi“ alle volontà di politicanti. Caserta Kest’è sputt…. tutti i coltivatori di orticelli personali, nessuno è escluso. Questa valutazione la rispetteremmo qualora, per una volta, contenesse almeno uno straccio di argomentazione, che rendesse, se non fondata, quantomeno interessante la stroncatura confezionata ai nostri danni.

Perché noi abbiamo scelto di vivere alla luce del Sole e non vergognarci di ciò che siamo, in una città come Caserta, dove più che fuori dal coro siamo quelli che lottano per la libertà di conoscere la verità.

La Corte dei Conti, in tre pronunciamenti, con il primo già esecutivo dal 2009, ha stabilito che Alfredo Messore, già dirigente del Comune di Caserta e oggi stabilmente insediato, non abbiamo ancora capito in quale qualità, nella stanza del sindaco Carlo Marino e in quelle attigue, quale consigliere di fatto del primo cittadino, a pagare la cifra di 1milione 667mila euro.

Questa è la decisione  della Prima Sezione giurisdizionale di Appello della Corte dei Conti, che ha prodotto uno sconto significativo rispetto ai tre milioni e mezzo che per la sezione regionale di primo grado Messore avrebbe dovuto risarcire alle casse del comune di Caserta.

Una sentenza  emessa il 28 aprile 2015 che Messore ha inutilmente opposto, incrociando un ultimo pronunciamento della stessa Corte dei Conti, nella sua sezione giurisdizionale centrale d’Appello, datato 2017 che, bocciando il ricorso per “revocazione” ha reso definitivo il suo debito nei confronti della città, per essere stato il maggiore protagonista dei tanti soldi versati, senza che il fornitore di servizi avesse un titolo per riceverli, all’associazione temporanea di imprese formata dalla Sace (al tempo guidata dall’imprenditore casertano Mario Granata Pagano) e dalla napoletana Emit (appartenente alla famiglia, molto nota e ancora attiva nel mondo dei rifiuti regionali e non solo, dei Colucci, oggetto di diverse vicissitudini e di diverse contestazioni sulle infiltrazioni camorristiche che hanno riguardato proprio la citata Emit).

Tutto questo è riportato  nelle pagine della citata sentenza del 2015 che, per l’ennesima volta, pubblichiamo oggi in calce a questo articolo e sotto al recente pronunciamento della Prefettura di Napoli che, emettendo una seconda interdittiva antimafia nei confronti della Nova Ecology, filiazione diretta e in pratica testa di legno societaria di Termotetti, queste cose le ha a sua volta sintetizzate proprio per evidenziare la posizione critica di Alfredo Messore, scelto, a quanto pare, con i buoni uffici dell’immancabile Luigi D’Angiolella, avvocato immischiato in molti affari di questa provincia e che Messore ha difeso, con risultati pare non eccellentissimi in tutti i gradi di giudizio, davanti alla Corte dei Conti, come amministratore unico della Nova Ecology, che la sospensione antimafia la becca anche, come si può leggere sempre dalla comunicazione della Prefettura partenopea, per quella particolare identità dell’Ati Sace-Emit, che Messore premiò alla grande corrispondendo soldi che mai avrebbero dovuto essere pagati.

Infatti, per questa vicenda sono stati condannati anche gli altri componenti della giunta di allora, Gerardo Di Vece, che deve versare ai cittadini di Caserta 1 milione 357 mila 500 euro, Attilio Romano, 180 mila euro, Pino Maccauro, 129 mila 500 euro.

Anche questi ultimi 3 imputati hanno beneficiato di un significativo sconto rispetto alla sentenza di primo grado, emessa dalla sezione regionale della Corte.

Inoltre, a questi soldi, come sancito  nell’ultima pagina della sentenza che, come suddetto pubblichiamo integralmente sotto alla comunicazione della prefettura di Napoli, dovrebbero essere aggiunti quelli degli interessi legali che decorrono dalla data di pubblicazione della sentenza. Quindi, al netto di questi interessi e con un semplice calcolo, il comune di Caserta avrebbe dovuto già da tempo avviare le dovute procedure di recupero della somma complessiva di 3 milioni e 304 mila euro. Fino ad un paio di mesi fa, Caserta Kest’è  era l’unica a chiedersi perché una sentenza definitiva di un tribunale, di un’Alta corte italiana, non fosse eseguita e perché il soggetto  inadempiente, cioè il comune di Caserta, non fosse a sua volta indagata e giudicata per questa gravissima omissione. Anche se non ci conforta tanto, comunque ci fa sentire meno soli la frase con la quale la Prefettura di Napoli, citando il lavoro dettagliatissimo, compiuto dalla GIA della guardia di finanza e dal comando provinciale di Caserta delle stesse fiamme gialle, ha sottolineato: “(…)l’importo, a quanto riportato da fonti aperte, non sarebbe ancora stato recuperato dal comune di Caserta“. Attenzione, l’esecutività del titolo giudiziario, il comune l’avrebbe potuta attivare già ai tempi della prima sentenza del 2009, si è voluto attendere l’Appello, poi si è atteso il ricorso “per revocazione“, presentato giusto per prendere e perdere un po’ di tempo e adesso che cosa si attende? Nella nota della Prefettura di Napoli si fa riferimento ad informazioni, acquisite dalla guardia di finanza sulla vita e le opere di Messore, dagli uffici di un’altra Prefettura, quella di Caserta, che ancora una volta si conferma la “grande assente”. Non dite che siamo fissati con questo tema. E’ da 4 prefetti a questa parte che scriviamo sempre le stesse cose, perché i prefetti cambiano ma l’ossatura della struttura interna, a partire dai vice-prefetti, è sempre la stessa. Non è un caso, secondo noi, che quando alcuni dirigenti di questa area apparato vice-prefettizio hanno dovuto, più o meno volontariamente, cambiare sede, sono incappati in guai seri. E’ successo a Paolino Maddaloni, non ne parliamo poi di Provolo, prefetto di Pescara, in pratica messo alla porta dopo la strage di Rigopiano. Ed è successo infine di recente ad Immacolata Fedele, divenuta Vicario a Frosinone , la quale, nell’ultimo periodo casertano era assurta la rango di capi di gabinetto, per fortissima volontà del prefetto Raffaele Ruberto.

Ora, secondo voi, alla luce di tutto quello che abbiamo scritto, sostenuto da un’importante nonché inoppugnabile materiale documentale, può rappresentare un’accusa gratuita e inaccettabile asserire che la Prefettura di Caserta si conferma, come da almeno 20 anni a questa parte, un vero porto delle nebbie? Perché a questo punto ci chiediamo per  quale ragione  il cittadino dovrebbe fidarsi più delle istituzioni quando si rende conto che chi è povero deve pagare “giustamente” ogni  debito con la giustizia, mentre chi  è un notabile viene protetto   da quelle istituzioni che dovrebbero rispettare le leggi?

LA SENTENZA DEFINITIVA DELLA CORTE DEI CONTI 

REPUBBLICA ITALIANA 297

 

 

 

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