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L’ incubo per l’ex parlamentare Lorenzo Diana finisce con la richiesta di archiviazione

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Dopo quasi quattro anni di indagini, la Procura chiude con la richiesta di archiviazione il fascicolo aperto nei confronti dell’ex parlamentare Lorenzo Diana con l’accusa di concorso esterno in associazione camorristica.

Non ci furono collusioni, dunque, fra il clan dei Casalesi e uno dei politici più impegnati sul fronte antimafia, costretto a vivere sotto scorta per oltre due decenni. Il fascicolo era stato aperto nell’ambito dell’inchiesta sulla metanizzazione di sette comuni dell’agro Aversano.

Diana, originario di Casal di Principe, eletto deputato e poi senatore con Pds, Ds e Ulivo per tre mandati tra il 1994 e 2006, si è difeso con l’assistenza dell’avvocato Francesco Picca con un lungo interrogatorio in Procura e depositando una dettagliata memoria.

Il pm Maurizio Giordano e il procuratore aggiunto Luigi Frunzio hanno accolto la sua tesi, ora manca solo il timbro del gip.

Durante la sua lunga attività politica, che lo ha visto vivere sotto scorta per le minace subite dalla camorra, Diana ha sempre sostenuto l’operato della magistratura.

È l’unico politico citato nel libro “Gomorra” di Roberto Saviano, che lo descrive come un vero eroe della lotta alle mafie, coraggioso e attaccato alla sua terra d’origine. E ora ribadisce: “Continuerò a farlo. Difenderò sempre il diritto-dovere di indagare. Ma le indagini vanno svolte presto e bene. Questi ritardi, che non attengono alle singole persone, non possono essere accettati. E non lo dico per me, che ho le spalle larghe. Restare quattro anni sotto inchiesta – aggiunge Diana – rappresenta un calvario durissimo. Così si annullano la persona, il suo ruolo, il suo impegno, la sua storia. Nel mio caso, anche un impegno antimafia scelto con una dichiarata scelta di vita, quando nel regno del clan dei Casalesi non c’erano né lo Stato né l’attenzione dei media, quindi in piena solitudine e in prima linea”.

Oggi Diana conferma “tutto il sostegno per l’autonomia della magistratura. Ma come Paolo Borsellino amava la sua Palermo e si impegnava per cambiarla perché alcune cose non gli piacevano – conclude l’ex parlamentare – dopo quattro anni di silenzio dico che la giustizia non può essere questa”.

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