Gli italiani favorevoli nel 2011 erano il 71 per cento, ora sono scesi al 44 per cento. Ma per la versione «temperata» c’è una maggioranza risicata
Finora il tema degli stranieri è stato caratterizzato da una forte ambivalenza tra gli italiani. In generale infatti la loro presenza suscita preoccupazione perché sono giudicati troppo numerosi, gravano sui conti pubblici e competono con gli italiani nel mercato del lavoro. Per non parlare dei rischi per la sicurezza, non solo per gli episodi di microcriminalità (scippi, furti negli appartamenti, spaccio, ecc.) ma anche per la possibile presenza di terroristi. Tuttavia, spostando l’attenzione dalla percezione generale del fenomeno all’esperienza diretta e alle persone straniere con cui si hanno rapporti quotidianamente (dalla badante all’operaio, ai compagni di scuola dei propri figli o nipoti), le minacce paventate spariscono, gli atteggiamenti cambiano e risultano più orientati all’inclusione. Insomma, da un lato si registra una chiusura determinata dall’allarme sociale e dall’altro un’apertura favorita da una pacifica convivenza. Il sondaggio odierno sullo ius soli sembra segnare una discontinuità rispetto a questa contraddizione: infatti oltre la metà degli italiani (54%) è contraria al riconoscimento della cittadinanza italiana ai figli di immigrati stranieri nati nel nostro Paese, con almeno un genitore che abbia un permesso di soggiorno permanente in Italia, mentre il 44% si dichiara favorevole. Nell’arco di sei anni le opinioni si sono rovesciate: da un sondaggio Ipsos pubblicato nel 2011 emergeva che i favorevoli allo ius soli (71%) prevalevano nettamente sui contrari (27%).
Il tema è fortemente al centro del dibattito politico attuale e ha prodotto una netta polarizzazione delle opinioni. Gli elettori del Pd sono in larga misura favorevoli (78%) mentre tra quelli della Lega e di FI prevale nettamente la contrarietà (86%). L’elettorato del MoVimento 5 Stelle che, come noto, è più trasversale, presenta sensibilità diverse sulla questione e risulta più diviso: 58% i contrari allo ius soli a fronte del 42% di favorevoli. Ed è interessante soffermarci sulle differenze nei diversi segmenti sociali: i favorevoli prevalgono tra i più giovani (al di sotto dei 35 anni), tra i residenti nelle regioni del Nord Ovest, tra i laureati, i ceti dirigenti e impiegatizi, tra gli studenti e, sia pure di poco, tra le casalinghe. Mentre i contrari allo ius soli sono nettamente più presenti tra i commercianti, gli artigiani e i piccoli imprenditori, tra gli operai, i disoccupati e i pensionati. Inoltre, se analizziamo i credenti, coloro che hanno una partecipazione settimanale alla messa domenicale sono favorevoli allo ius soli, sia pure di poco, mentre chi ha una frequentazione meno assidua si dichiara nettamente contrario, nonostante la posizione da sempre assunta da papa Francesco sul tema dei migranti. L’ipotesi di riconoscere la cittadinanza a bambini e ragazzi figli di immigrati che abbiano frequentato per almeno cinque anni la scuola italiana modifica in parte gli atteggiamenti: in questo caso i favorevoli al riconoscimento della cittadinanza prevalgono sui contrari 51% a 47%, confermando la divisione nell’opinione pubblica. Divisione che si registra anche rispetto ad altre due questioni affrontate nel sondaggio odierno.
La prima riguarda la nostra cultura e le nostre tradizioni: la presenza degli immigrati rappresenta una minaccia per il 50% degli italiani mentre il 49% è di parere opposto, ritenendo il confronto tra le culture uno dei fattori di crescita del Paese. La seconda è una questione più complessa, di cui negli ultimi tempi si è iniziato a discutere e ha a che fare con aspetti economici e sociali, in particolare gli effetti positivi della presenza degli stranieri in termini di demografia (contrasta l’invecchiamento della popolazione), gettito fiscale e contributivo (contribuiscono al pagamento delle pensioni di molti italiani), crescita del Pil e dei consumi. In sintesi, la presenza degli stranieri è necessaria per il nostro Paese ma a questo proposito la maggioranza degli italiani (54%) si dichiara in disaccordo. Le opinioni sono influenzate dall’orientamento politico ma non solo. Sono soprattutto i ceti più in difficoltà, e le persone meno istruite e quelle meno giovani a mostrare atteggiamenti di maggiore chiusura, dettati da una forte preoccupazione. Il dibattito acceso, lo scambio di accuse tra «buonisti» e «cattivisti», come pure l’appello agli aspetti etici produce più una radicalizzazione delle posizioni piuttosto che un confronto. E in questo scenario la partita tra emozioni e paure da un lato contro razionalità e pragmatismo dall’altro è tutta a vantaggio delle prime.
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