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“Incapacità, improvvisazione, incompetenza, errori bestiali. La malattia non è il Covid, ma i virus del ceto politico italiano” Intervista a Massimo Cacciari

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Professor Cacciari, la situazioni è grave. Ieri 753 morti di Covid. E terapie intensive, in alcune regioni, al limite del collasso. Una situazione fuori controllo. Per colpa di chi?

Quelli al Governo avevano affrontato la prima ondata in modo emergenziale e nulla di più. La seconda li ha colti totalmente impreparati. Avrebbero dovuto pensare a un rafforzamento di tutte le strutture sanitarie e non l’hanno fatto. Avrebbero dovuto predisporre protocolli chiari e incontrovertibili, che fissassero confini e limiti nel rapporto con le Regioni e non l’hanno fatto. E poi, quegli errori pazzeschi commessi in estate. Va bene riaprire e permettere alla gente di tornare a vivere, ma nessuno li costringeva a consentire l’assalto alle discoteche e i viaggi all’estero. Due errori bestiali. Tra l’altro la proibizione dei viaggi all’estero avrebbe aiutato la nostra traballante economia. Una gestione del tutto improvvisata, su tutti i fronti, ivi comprese le questioni fondamentali del sostegno alle imprese e ai lavoratori. Alla gente a spasso e sono ormai milioni.

Dimentichiamo il passato e torniamo al presente. Come sta gestendo il Governo l’emergenza Covid, oggi 19 novembre?

Basta vedere la Calabria. Sempre all’inseguimento. D’altra parte non è una novità. Inseguiamo le crisi e le emergenze da una vita. Non vale la pena neppure gettare la croce su questi poveri cristi. E’ una situazione di destrutturazione dello Stato, che va avanti da almeno trenta anni.

A proposito, che cosa ne pensa del professor Eugenio Gaudio, da Cosenza, Rettore emerito dell’Università La Sapienza di Roma, che ha rinunciato a fare il Commissario per l’emergenza, perché sua moglie non se la sente di vivere, neppure per qualche mese, a Catanzaro?

Che cosa vuole che le dica. E’ così. E’ il risultato della destrutturazione, che non è solo del ceto politico, ma anche di quello dirigenziale. Una classe amministrativa, burocratica, di funzionari di alto livello, di strutture, che si è, via via nel tempo, dequalificata. Il Covid ha messo a nudo deficienze strutturali, che covavano da trenta anni.

Come si esce da questo stallo strutturale di uomini e mezzi?

Se ne esce solo comprendendo bene che la malattia non è il Covid e mettendo mano a una radicale riforma dell’amministrazione, che significa delegiferare, semplificare, deburocratizzare, deministerializzare e rivedere alle radici il rapporto fra Governo e Regioni, con un federalismo autentico e responsabilità precise. Le ricette ci sono, anche esse da trenta anni. Il problema sono le resistenze pazzesche e anche l’incapacità e l’incompetenza del ceto politico.

Le faccio una domanda che disegna uno spaccato dell’Italia al tempo del Covid. Lo sa che, scavallando in bicicletta da un paesino sperduto del Sannio a un altro del Molise, il cartello di confine separa una zona rossa da una gialla. L’Italia è un semaforo impazzito?

Conosco bene quella zona e comprendo bene l’assurdità, che lei mi segnala e che conferma l’assurdità totale, a monte, della struttura regionale italiana. Mettere mano alla riforma dell’amministrazione significherebbe anche rivedere l’assetto delle regioni italiane. Che senso hanno queste 19 Regioni? Che senso hanno Regioni come il Molise, l’Abruzzo e la Basilicata? Bisognerebbe costruire vere Regioni con autentiche responsabilità- E’ evidente che gli attuali confini non hanno senso, come non ha senso la distinzione obsoleta fra regioni ordinarie e regioni a statuto speciale. Sinora, quando si è tentato di disciplinare questa complessa materia, si è sempre e solo peggiorata la situazione, come la celebrata riforma del titolo V della Costituzione, che ha inventato le materie concorrenti, con le competenze in bilico fra Stato e Regioni. Con le conseguenze che stiamo vedendo e subendo durante questa emergenza fra rivendicazioni e scaricabarili. Perché non si sa mai dove finiscano le responsabilità nazionali in materia sanitaria e dove comincino quelle regionali.

Mi regala un’immagine della sinistra in questo momento?

E’ un termine che ormai non ha più alcun senso e non determina più nulla, perché si riferiva a condizioni sociali, storiche ed economiche che erano completamente. Il problema di oggi è capire se ci possa essere una forza in grado di riavviare un processo riformistico. Lo chiami di sinistra, lo chiami di destra o di centro, non me ne frega più niente. Un soggetto politico, io prefiguro, che non deve essere solo un partito, ma una forza capace di mettere insieme anche settori dell’industria, delle professioni e via aggiungendo.

Dove sta questo partito allargato e trasversale? Dove sono i suoi capofila?

Se non emergerà nulla, come al momento appare probabile, ci dovranno pensare i nostri figli e i nostri nipoti a raddrizzare la baracca. Da quaranta e passa anni stiamo rovesciando tutto sulle future generazioni. Nel frattempo, continueremo a vivacchiare e a sopravvivere, almeno fino a quando le condizioni generali ce lo consentiranno. Quest’anno il debito aumenterà di 400 miliardi. Lo pagheranno i figli e i nipoti, ma prima, forse, lo pagheremo tutti. A un certo punto, potrebbe essere Grecia, lei mi capisce?

Lo vedo questo spettro?

Sicuramente sì, ma non perché c’è un Europa cattiva. Un Paese normale dovrebbe sfangarla da solo, almeno sulle esigenze di assistenza e sostegno, non dico di ricostruzione.

Ha fatto una riflessione sui soldi spesi per i banchi con le rotelle?

Se è per questo, anche sui tricicli, i monopattini e non solo.

Ha scoperto qualcosa che ci è sfuggita?

Proprio recentemente, è andata in scena una cosa incredibile. Una roba dell’altro mondo, specie considerando la gravità dell’emergenza in corso. Nell’ultima legge di bilancio sembra proprio che abbiano aumentato lo stanziamento che serve a coprire le esigenze di questo o quel deputato. Quel fondo miserabile, che c’è sempre stato e viene deciso alla chetichella e all’ultimo momento, per evitare fughe o trabocchetti. L’elemosina istituzionale per le pratiche locali dei parlamentari. Il capitolo si intitola “Spese indifferibili”. L’hanno aumentato di cento milioni. Mezzo miliardo tondo e passa la paura. La loro indifferibile paura.

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