Santa Maria C.V. – «C’ero, ma non ho picchiato nessuno. Ma ormai è anche inutile giustificarsi: faranno di noi carne da macello. Quel video è stato divulgato e ha gettato discredito su tutti gli agenti che sono stati mandati dal Dap quel pomeriggio nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Quel video lì lo hanno mostrato, ma quello in cui si vede quello che è successo prima non lo fanno vedere. Glielo faccio vedere io quel video.
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Intanto per Angelo Bruno, l’ex agente della polizia penitenziaria di 55 anni finito in carcere perchè ritenuto co-organizzatore ed esecutore materiale delle violenze al carcere di Santa Maria Capua Vetere del 6 aprile 2020, il suo legale Rossana Ferraro, ha presentato istanza al Gip Sergio Enea per ottenere la sua scarcerazione ,alla luce della circostanza emersa ieri nel corso dell’interrogatorio di garanzia cui Bruno è stato sottoposto.
La Ferraro ha infatti presentato documentazione relativa al fatto che il 55enne, nel marzo scorso, è stato riformato dal Corpo della Penitenziaria per motivi di salute, a causa di una patologia agli arti; si tratta di un fatto sopraggiunto di cui non erano a conoscenza ne la Procura di Santa Maria Capua Vetere ne il Gip Enea che ha emesso il provvedimento di carcerazione, e che ieri ha interrogato Bruno; un fatto che farebbe venir meno le esigenze cautelari, in particolar modo il pericolo di reiterazione del reato, non essendo Bruno più appartenente alla Penitenziaria.
Per il legale inoltre, il quadro indiziario si è notevolmente ridimensionato visto che Bruno, a detta dello stesso agente e del tipo di mansioni che svolgeva in quei giorni, sembra non fosse tra gli agenti con manganelli e caschi, e che appunto non potesse svolgere tali servizi per motivi di salute. Nel corso dell’interrogatorio, l’ex agente, indicato dai detenuti vittime del pestaggio come uno dei poliziotti più violenti, si è difeso a spada tratta respingendo tutte le accuse.
“A causa della mia malattia – ha riferito – non portavo ne casco ne manganello, ed ero esonerato da questo servizio. Se qualcuno mi ha riconosciuto come un picchiatore ha sbagliato. Io sto all’amministrazione, e peraltro al reparto Danubio, non al Nilo dove è avvenuta la perquisizione“. Bruno ha sempre espresso con veemenza la sua innocenza, anche nel giugno del 2020, quando i carabinieri si recarono al carcere di Santa Maria Capua Vetere per sequestrare i cellulari dei poliziotti coinvolti nei pestaggi dell’aprile precedente, e lui per protesta, salì sul tetto del carcere; fu proprio il Procuratore Aggiunto Alessandro Milita, titolare del fascicolo e ieri presente all’interrogatorio, a convincerlo a scendere e a concludere la protesta.
Qualche mese fa Bruno è stato poi riformato. Ora il Gip Sergio Enea dovrà decidere, sulla base dell’istanza, se confermare o revocare, come richiesto dall’avvocato Ferraro, l’ordinanza di custodia cautelare in carcere e applicare magari in subordine una misura meno afflittiva.
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