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Il metodo ABA e l’autismo. Principi, procedure e tecniche di base

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L’ ABA è il ramo applicativo dell’Analisi del Comportamento, la scienza che si occupa di descrivere le relazioni tra il comportamento degli organismi e gli eventi che lo influenzano. In altre parole, come riferito da Cooper, Heron, e Heward (1987; 2007 p.3), l’ABA è

la scienza che applica al comportamento umano i principi identificati dall’Analisi del Comportamento, allo scopo di affrontare problemi socialmente rilevanti nel contesto della vita quotidiana.

 Uno degli scopi principali del metodo ABA è far in modo che la dimostrazione dell’efficacia delle procedure utilizzate per generare il cambiamento avvenga tramite il metodo scientifico.

Applicazioni di successo di questo metodo sono state documentate in diversi soggetti che vanno da quelli gravemente disabili a quelli molto intelligenti, sia giovanissimi che anziani, sia in programmi istituzionali controllati sia in situazioni di gruppo meno strutturate. La gamma dei comportamenti studiati va dalle semplici abilità motorie fino alla soluzione di problemi complessi. Le aree in cui questo tipo di interventi sono maggiormente utilizzati sono l’educazione, il servizio sociale, l’assistenza, la psicologia clinica, la psichiatria, la psicologia di comunità, la medicina, la riabilitazione, gli affari, la gestione aziendale e lo sport (Martin & Pear, 2000)
Ma il campo in cui si è mostrata una più significativa crescita e applicazione è quello riguardante i bambini con disturbo autistico (Viruès-Ortega, 2010; Shook, 2005).

La prima applicazione del metodo ABA in soggetti autistici risale al 1960 per opera di Lovaas, che mise in atto interventi per diminuire gravi comportamenti problematici e stabilire un linguaggio comunicativo (Smith & Eikeseth, 2011). Da qui si aprì la strada a una grande quantità di ricerche che portò all’applicazione sistematica ed intensiva dei principi comportamentali di base e all’uso di tecniche e procedure che diedero vita ad un modello di intervento estremamente efficace su questa popolazione di soggetti, l’intervento comportamentale intensivo precoce (EIBI, Early Intensive Behavioural Intervention) (Eikeseth et al, 2002; Howard et al, 2005; Lovaas, 1973; Lovaas, 1987; McEachin et al., 1993; Sallows & Graupner, 2005; Smith et al, 2000b).

Principi, procedure e tecniche di base

I principi fondamentali su cui si basa l’analisi comportamentale applicata sono quelli della teoria dell’apprendimento e del condizionamento operante (Martin & Pear, 2000). Il comportamento viene considerato operante perché opera nell’ambiente per produrre determinate conseguenze. Secondo questo principio, il comportamento viene modellato o plasmato dalle conseguenze che lo stesso riceve. Tali conseguenze ne influenzeranno ed altereranno la forma e la frequenza con cui il comportamento si ripresenterà in futuro. Il comportamento sarà analizzato in base agli stimoli ambientali che lo precedono, gli antecedenti, e ai movimenti dell’individuo in risposta allo stimolo ambientale, le conseguenze.

Collegati a questi principi, i concetti chiave sono quelli di rinforzo, estinzione, controllo degli stimoli e generalizzazione (Granpeesheh et al., 2009).
Il rinforzo è definito come ogni conseguenza del comportamento che rafforza il comportamento stesso, cioè aumenta la frequenza e la probabilità della sua comparsa. Può essere negativo (evitare un potenziale stimolo avversivo) o positivo (ottenere attenzione o avere accesso ad una determinata attività).

Nel momento in cui il rinforzo non viene più applicato, la probabilità futura di comparsa di un comportamento si riduce: questo fenomeno prende il nome di estinzione.
Il controllo degli stimoli si ha nel momento in cui un particolare comportamento, dopo essere stato rinforzato solo in presenza di un particolare stimolo antecedente, inizia a verificarsi solo in presenza di tale stimolo e non in sua assenza.

La generalizzazione permette, invece, di trasferire quanto appreso in un contesto anche in una varietà di contesti e ambienti diversi.
Questi concetti sono applicati attraverso 4 procedure principali (Ricci et al., 2014; Martin & Pear, 2000; Granpeesheh et al., 2009):
1) Prompting: consiste nella presentazione di un indizio o un aiuto in modo da ottenere un comportamento che altrimenti non verrebbe messo in atto, in quanto non ancora presente nel repertorio comportamentale del bambino.
2) Fading: consiste nel ridurre gradualmente e poi eliminare gli aiuti utilizzati, a mano a mano che il bambino mostra di non averne più bisogno, al fine di garantire l’acquisizione del comportamento meta e l’autonomia della risposta.
3) Shaping: è una procedura che prevede il rinforzamento sistematico delle risposte che siano approssimazioni successive sempre più simili al comportamento meta.
4) Chaining: è una procedura utilizzata per insegnare lunghe sequenze comportamentali che per un bambino con autismo sarebbero impossibili da imparare tutte in una volta, ma la cui acquisizione è possibile quando l’intera sequenza viene rotta in piccoli comportamenti.

Chaining, fading e shaping sono dette procedure di cambiamento graduale, in quanto tutte e tre implicano il procedere gradualmente attraverso una serie di passi per produrre un nuovo comportamento. Esistono però delle chiare distinzioni tra le tre procedure: nello shaping, i passi consistono nel rinforzare approssimazioni sempre più vicine alla risposta finale desiderata; nel fading, i passi consistono nel rinforzare la risposta finale desiderata in presenza di approssimazioni sempre più vicine allo stimolo finale desiderato per quella risposta e nel chaining, i passi di solito consistono nel rinforzare sempre più le connessioni stimolo-risposta che costituiscono la catena comportamentale (Martin & Pear, 2000).

Per raggiungere i comportamenti meta possono inoltre essere utilizzati due tipi di setting (Granpeesheh et al., 2009, Ricci et al., 2014): per prove discrete (discrete trial training, DTT) e in ambiente naturale (natural environment training, NET).
Il DTT è costituito dall’apprendimento senza errori, ovvero, l’operatore dà un aiuto (prompt) al bambino per impedirgli di sbagliare e questo gli consente di apprendere nuove abilità. Questo aiuto viene via via ridotto fino ad arrivare a portare il bambino a svolgere l’abilità autonomamente. L’insegnamento per prove discrete avviene in ambiente strutturato e massimizza le opportunità di apprendimento, ripresentando più volte al bambino attività che gli si vogliono insegnare e rinforzandone le risposte corrette. Questa modalità presenta dei limiti: risulta spesso difficile generalizzare il comportamento appreso anche al di fuori del setting strutturato, in ambienti meno formali o all’interno delle routine quotidiane.

Il NET è un tipo di insegnamento che avviene in ambiente naturale e consiste nello sfruttare e/o ricreare situazioni di vita quotidiana, che normalmente si incontrano, per fornire opportunità di apprendimento, partendo dagli interessi e dalle motivazioni del bambino stesso. Il setting naturale viene arricchito con materiale intrinsecamente motivante per il bambino, precedentemente selezionato e disposto dall’operatore. Questo setting risulta particolarmente adatto alla generalizzazione degli apprendimenti e ha come limite il fatto che l’operatore può lavorare su un obiettivo solo fino a quando perdura la motivazione del bambino.

Altra caratteristica importante del metodo ABA è che risulta particolarmente utile per poter lavorare su una serie di comportamenti problema, cioè comportamenti ripetitivi e stereotipati, autolesionismo, aggressività, comportamenti distruttivi e capricci (Granpeesheh et al., 2009). La maggior parte di questi comportamenti, spesso, sono la causa di ritardi o incapacità di comunicazione, ostacolano l’apprendimento e il normale funzionamento nella vita di tutti i giorni; è per questo che è necessario trattarli in maniera efficace attraverso questo tipo di programma.

Valutazione dell’efficacia dell’intervento comportamentale intensivo precoce

Trent’anni di ricerca hanno dimostrato l’efficacia del metodo ABA nel ridurre comportamenti disfunzionali e nel migliorare e aumentare la comunicazione, l’apprendimento e comportamenti socialmente appropriati (U.S. Departement Of Health and Human Services, 1999).

Come già detto precedentemente, Lovaas (1987) fu il primo a effettuare ricerche mirate sui soggetti con autismo. Esso dimostrò il primato della formazione linguistica all’interno del processo educativo e la maggiore probabilità di raggiungere un funzionamento normale nel momento in cui l’intervento veniva applicato precocemente e in maniera intensiva (Rosenwasser & Axelrod, 2001).

Nello studio valutativo più importante circa la validità dell’approccio comportamentale su soggetti con autismo, Lovaas (1987) paragonò il progresso di tre gruppi di bambini con autismo. Il gruppo (N=19) coinvolto in un programma di trattamento comportamentale intensivo (40 ore settimanali) e precoce per più di due anni raggiunse risultati significativamente maggiori su tutti i test standardizzati rispetto ai due gruppi di controllo: uno coinvolto in un programma di 10 ore settimanali ed uno che ricevette l’intervento standard statale. Inoltre, il 47% del gruppo sperimentale raggiunse risultati entro la norma in tutte le aree evolutive ed all’età di sette anni era integrato in classi “normali” senza sostegno.
McEachin et al. (1993) dimostrarono come, in adolescenza, otto dei nove bambini del gruppo di Lovaas seguitavano ad andare a scuola senza necessità di sostegno ed erano indistinguibili dai pari.

Una delle critiche spesso rivolte nei confronti degli studi di Lovaas é che l’effetto sul gruppo sperimentale non fosse dovuto all’intervento stesso, ma piuttosto all’intensità con cui venne somministrato. In risposta a questa critica Eikeseth ed altri (2002) paragonarono due gruppi di bambini tra i quattro ed i sette anni: uno coinvolto in un intervento comportamentale intensivo (30 ore) ed un altro in un intervento eclettico, cioè un intervento costituito da diversi approcci (TEACCH, logopedia, terapia sensoriale, occupazionale), ma altrettanto intensivo (30 ore). I risultati favorirono in maniera statisticamente significativa il gruppo comportamentale in tutte le aree dello sviluppo ed in particolare quelle del linguaggio espressivo e recettivo.

Sallows & Gaupner (2005), successivamente, replicarono i risultati di Lovaas, dimostrando che circa la metà dei bambini sottoposti ad un intervento comportamentale precoce ed intensivo raggiungeva entro l’età di sette anni un livello di funzionamento adattivo ed intellettivo pari alla norma.

Possiamo così riassumere le maggiori conclusioni a cui sono arrivati i diversi studi condotti al riguardo:
Il semplice utilizzo del metodo ABA non è sufficiente a produrre i risultati desiderati. Per poter notare miglioramenti importanti deve essere implementato con intensità sufficiente (dalle 30 alle 40 ore settimanali). (Eldevik et al, 2006; Reed et al, 2007; Smith et al, 2000b)
L’intervento ottiene risultati migliori nel momento in cui è implementato per una durata maggiore. I bambini con autismo che hanno ricevuto un intervento comportamentale intensivo precoce dai due anni in su hanno ottenuto migliori risultati terapeutici. (Howard et al., 2005; Eikeseth et al., 2002; Reed et al., 2007; Sallows & Gaupner, 2005; Sheinkopf & Siegel, 1998; Zachor et al., 2007).
L’entità della risposta al trattamento sembra variare in modo significativo tra i diversi bambini. Perciò diversi studi hanno cercato di identificare le caratteristiche dei bambini che permettono di ottenere risultati migliori.
Bono et al. (2004) hanno scoperto che i successi dell’ intervento sono stati correlati con le competenze linguistiche iniziali dei partecipanti e la loro capacità di rispondere alle richieste di attenzione congiunta da parte degli altri.

Sigman & McGovern (2005) hanno scoperto che la capacità di mettere in atto un gioco funzionale e la frequenza con cui vengono fatte richieste predicono l’esito del trattamento. Sallows & Graupner (2005) hanno identificato una relazione tra i risultati del trattamento e le competenze in materia di imitazione, linguaggio e socializzazione presenti prima del trattamento.
Szatmari et al. (2003) hanno anche scoperto che lo sviluppo precoce del linguaggio era predittivo di risultati efficaci, così come le capacità cognitive non verbali.
Anche se questi studi hanno esaminato il legame tra le caratteristiche individuali del bambino e la sua risposta all’intervento, l’eterogeneità dei loro risultati illustra anche l’attuale difficoltà di prevedere con certezza quali bambini beneficeranno maggiormente dell’intervento intensivo precoce.

Effetti indiretti dell’applicazione dell’intervento comportamentale intensivo precoce sulla famiglia

Ci sono attualmente pochi studi che presentano dati sull’impatto degli interventi intensivi col metodo ABA sul funzionamento familiare (Hastings, 2003).
Tali dati sarebbero clinicamente significativi per diverse ragioni. Primo, i familiari di bambini con autismo sono maggiormente soggetti a rischio di stress e altri problemi psicologici, tra cui la depressione (Gold, 1993; Koegel et al., 1992). I medici dovrebbero essere consapevoli di qualsiasi possibile effetto negativo sulla famiglia degli interventi ABA, al fine di offrire adeguato supporto.

In secondo luogo, molti genitori sono coinvolti come co-terapeuti nel programma del loro bambino. Così, il disagio psicologico o l’elevato livello di stress potrebbero anche avere un impatto diretto sulla qualità del metodo ABA (Hastings, 2003).
I risultati dello studio di Hastings (2003) non hanno individuato la presenza di effetti negativi sul funzionamento dei fratelli di bambini con autismo sottoposti ad un intervento intensivo col metodo ABA. Questi risultati concordano con i dati pubblicati da altre ricerche esistenti, suggerendo anche un effetto non negativo sul funzionamento dei genitori di bambini autistici impegnati in interventi ABA intensivi. (Birnbrauer & Leach, 1993; Hastings & Johnson, 2001; Smith et al., 2000a,2000b; Remington B. et al., 2007 ).

Altro fattore che è stato studiato è l’impatto del supporto sociale offerto alla famiglia. Hastings (2003) ha dimostrato che quando i bambini avevano un quadro autistico meno grave, i loro fratelli erano meno a rischio rispetto allo sviluppo di problemi comportamentali se la famiglia aveva ricevuto anche alti livelli di supporto sociale. Questo effetto è probabile che sia principalmente rappresentato dal sostegno che la famiglia riceveva dalla sua partecipazione al programma col metodo ABA.

Altre ricerche hanno dimostrato che i genitori i cui figli con autismo erano impegnati in un intervento intensivo col metodo ABA sembravano essere meno stressati dei genitori con figli con autismo sottoposti ad altri interventi o nessun intervento, e che lo stress poteva diminuire nel corso di un intervento ABA (Smith, Buch,& Gamby, 2000a; Smith, Groen, & Wynn, 2000b).

Conclusioni

L’intervento comportamentale intensivo e precoce é l’unico intervento educativo scientificamente validato per la riabilitazione degli individui con autismo. L’applicazione di tale intervento é però complessa e richiede una preparazione da parte degli operatori e dei supervisori non indifferente. L’obiettivo finale di un intervento comportamentale, che sia a breve o lungo termine, é il cambiamento radicale di comportamenti socialmente significativi, e per alcuni individui l’inserimento totale ed indipendente nella comunità sociale circostante.

L’autismo è una delle aree in cui l’applicazione dei principi dell’analisi comportamentale si è rivelata più efficace nell’apportare cambiamenti migliorativi a lungo termine, più di qualunque altro tipo di intervento educativo (Green, 1996; Maine Administrators of Services for Children with Disabilities, 2000; New York State Department of Health, 1999; Schreibman, 1988; Smith, 1993).
Sulla base delle ricerche che abbiamo visto rispetto all’efficacia di questo tipo di programma, possiamo concludere che i migliori risultati si ottengono quando il programma è applicato ai bambini in età precoce (a cominciare dai 3/4 anni circa), a partire dalle 30 alle 40 ore a settimana, per un minimo di 2 anni e inizialmente all’interno di un rapporto uno-a-uno con l’operatore.

Il programma dovrebbe, inoltre:
1) rivolgersi a tutte le aree deficitarie di ogni singolo bambino, con obiettivi chiaramente definiti;
2) affrontare tutti i comportamenti problema manifestati dal bambino;
3) essere basato sui principi dell’apprendimento e della motivazione;
4) contenere sia componenti del DTT (discrete trial training) che del NET (natural environment training) in maniera integrata;
5) coinvolgere in maniera massiccia la famiglia, con genitori che partecipano attivamente alla messa in atto dell’intervento;
6) essere inizialmente domiciliare e gradualmente esteso ad altri contesti di vista (es. la scuola);
7) essere guidato da esperti con formazioni e certificazione post-universitaria in ABA ed esperienza di programmazione educativa con persone con autismo (Green, Brennan & Fein, 2002)

 

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