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Il dramma dei lavoratori in nero rimasti senza niente: andate sul Corso, danno lavoro a stranieri

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“Non abbiamo diritto a nulla, nemmeno a morire perché non meritiamo neanche questo e perché siamo una categoria che non conta”.

È il duro sfogo di un lavoratore in nero, Sebastiano (nome di fantasia)  52enne casertano, muratore da quando era un ragazzo. Ha deciso di contattare casertakeste.it per raccontare la sua lunga vita da lavoratore in nero, di quanto oggi non ha nessun diritto per richiedere il bonus spesa o indennità, quantomeno il reddito di cittadinanza e di evidenziare la difficile realtà che vive il sud Italia, in particolare in Campania, regione carente di infrastrutture e di edilizia.

Andate e vedete con i vostri occhi , grandi imprenditori che si ergono a tutori delle regole e inondano la rete con proclami di levatura ed etica incorruttibile adoperano personale irregolare per adorare le loro attività su Corso Trieste sfruttando giovani di colore che sono diventati nell’arco di una notte muratori, pittori ed elettricisti. Noi italiani non abbiamo diritto a nulla, nemmeno a morire perché non meritiamo neanche questo e perché poi siamo anche una categoria che non conta”. È il duro sfogo di un lavoratore in nero, di Caserta.

Io, come tanti altri, non vengo tutelato dallo Stato e i concittadini imprenditori chiamano per dare l’elemosina ai migranti, e io Casertano, lavoratore a nero lo ammetto, lo sono,  e come tale, nella mia situazione, non ho diritto a un bonus spesa, né buoni pasto, né bonus indennità, neanche un euro da parte dello Stato o dalla Regione nei miei confronti, neppure un euro per comprarmi il filo per il cappio. Eppure, dopo 40 anni di lavoro – continua Sebastiano – io non ho mai avuto ferie, né malattia, non ho l’infortunio, non ho la pensione, non ho nulla

Dissi a un imprenditore che mi voleva far continuare a  lavorare presso di lui : «Io non ci vengo domani a lavorare se tu non mi metti in regola» lui in un batter d’occhio mi risponde:«Resta a casa, domani me ne prendo un altro».” Questa – aggiunge Sebastiano – purtroppo è la triste realtà…Kestè!

 

 

 

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