CASERTA – Affezionati lettori, chiediamo a voi : c’è stato un giorno da quando la Campania è stata dichiarata zona rossa e anche dopo, quando è diventata zona arancione, in cui avete assistito ad una riduzione visibile del traffico veicolare?
Da giorni, Caserta è tutto un ingorgo. I negozi sono pieni. E ciò accade in vigenza della seguente disciplina: è vietato spostarsi da un comune all’altro, se non per comprovate ragioni di lavoro, di salute, per casi di forza maggiore e giusto per gradire, per andare ad un supermercato più conveniente di quello che c’è vicino casa propria.
Ogni deroga va autocertificata. Fino ad una settimana fa, la zona rossa imponeva il divieto di lasciare la propria abitazione, a meno di essere in grado di autocertificare le stesse cose appena dette.
Altro quesito: avete avvistato per caso in provincia di Caserta, nell’ultimo mese, un carabiniere, un poliziotto, un finanziere, un vigile urbano fermare persone chiedendo ragione dei loro spostamenti? Zero.
E hanno fatto bene, anzi benissimo, a non mettersi in strada, a non attivare stupidi ed inutili posti di blocco. Le tante scappatoie e le tante deroghe esistenti li avrebbero infatti resi pressochè inutili, a causa di una politica ipocrita che finge di decidere ma, in realtà, non decide perchè non sa assumersi la sua responsabilità storica di fronte ad una situazione in cui, una pandemia mondiale che sta mietendo tante vittime, si va a fondere ad una crisi economica, come non se ne registravano da almeno tre secoli.
Il regime governativo, dunque, fa finta di proibire gli spostamenti, ma in realtà li consente. Nessuno, ma proprio nessuno, si è accorto minimamente che la Campania si trovasse in zona rossa o in zona arancione. E gli ingorghi cittadini lo hanno ampiamente evidenziato.
Gli unici a rendersi conto, i ristoratori e i titolari dei bar. Quelli sì, visto che hanno perso decine di migliaia di euro di fatturato con la conseguenza della perdita di molti posti di lavoro, migliaia e migliaia di clienti, disincentivati, perchè uno al bar ci va per rilassarsi un pò oppure per un appuntamento durante il quale discutere col proprio interlocutore in comodità, da quello spoglio tavolino esterno, vero simulacro di desolazione, messo lì a presidio del vincolo di asporto. Clienti ulteriormente scoraggiati dall’obbligo anche di allontanarsi dall’area del bar, finanche col bicchierino di plastica di caffè in mano.
A un certo punto, il governo si è messo una mano sulla coscienza e ha consentito. ( va bè, ya faccimm’l campà pè 4 juorn i bar e i ristoranti n’ti zon arancion)
Un assist a De Luca che non solo li ha chiusi di nuovo ma in pratica li ha chiusi completamente, visto e considerato che ha stabilito finanche gli orari del caffè.
Ordinare, infatti, che dalle 11 in poi non si possono vendere più bevande alcoliche e neppure analcoliche, significa che non si può vendere nemmeno la tazzina di caffè che, fino a prova contraria, è una bevanda.
Si può vendere un pò di pasticceria, qualche dolce di Natale, ma a condizione di consumarlo a casa, perchè nelle aree pubbliche, come potete leggere ugualmente dallo stralcio di ordinanza che pubblichiamo in calce, non si può sempre, secondo la farneticante ordinanza di De Luca, addentare nemmeno un pezzettino di torrone.
Guardate, quando usiamo aggettivi come questi, come “farneticante”, appunto, lo facciamo con grande senso di responsabilità e anche con misura. Vorremmo adottare parole diverse, più leggere, più aperte ad un confronto fondato su uno sforzo di comprensione rispetto alle ragioni altrui e in particolar modo rispetto alle ragioni del governatore De Luca. Purtroppo, la situazione che emerge da questi provvedimenti impedisce di discuterne dentro all’ambito di una razionalità raziocinante.
Ad esempio, se possiamo azzardare una deduzione, la proibizione degli alcolici, ma anche degli analcolici e della possibilità di consumare alimenti in aree pubbliche, è finalizzata ad evitare il rito degli aperitivi del 24 e del 31 dicembre. E allora, deficienti che non siete altro, attuate questi divieti solo il 24 e il 31 dicembre.
Perchè, invece, estenderli anche alla giornata odierna, a quelle fino al 23 e ancora al 26, al 27, al 28, al 29, al 30 e poi al 2, al 3, al 4, al 5 e al 6 gennaio, giorni in cui non esiste, al contrario del 24 e al contrario del 31, alcuna tradizione consolidata e ritualizzata dell’aperitivo pre-natalizio o pre-capodanno? Semplicemente, demenziale. Anzi, sadicamente demenziale.
Occorre, infatti, uno speciale sadismo che è attitudine rappresentativa dell’estensione di quella sindrome di Hubris (CLIKKA QUI PER LEGGERE DI COSA SI TRATTA) della quale De Luca è sicuramente afflitto. E siccome si tratta di una malattia codificata dai più grandi neuro psichiatri del mondo e che affligge soprattutto i politici, qui c’è poco da dire: quello di De Luca è un potere costituito e dunque non può essere scalzato, a meno di impossibili iniziative di un numero di consiglieri regionali che, figuriamoci, con i denari che prendono e i privilegi che hanno acquisito affrancando la loro esistenza di sfaccendati e di buoni a nulla, se si mettono a progettare sfiducie al presidente per tornare alle urne a pochi mesi di distanza dalle elezioni-farsa del 20 e 21 settembre scorsi.
L’unica strada percorribile, è quella di organizzare manifestazioni pubbliche di disobbedienza civile. Lo devono fare i ristoratori, i titolari dei bar e tutti coloro i quali credono che, durante questa seconda fase del coronavirus, si stiano consumando delle ingiustizie inaccettabili. Qui ognuno fa quello che gli pare e va dove gli pare con l’auto, dentro al proprio comune, fuori dal proprio comune, dentro alla propria provincia e fuori dalla propria regione, senza che nessuno gli dica nulla.
I negozi sono affollati come avete potuto vedere da tutti i tg, e allora ci chiediamo quale peccato abbiano fatto i ristoratori e i titolari dei bar per essere le uniche categorie costrette ad osservare i vincoli e le limitazioni.
Da stamattina, De Luca decide anche se e quando possiamo prendere il caffè.
DA CUI SI PUO’ DEDURRE CHE ANCHE IL CAFFE NO POTRA’ ESSERE SERVITO DALLE 11 IN POI
fatto salvo quant’altro previsto dal DPCM 3 dicembre 2020, ai bar e agli altri esercizi di
ristorazione dalle ore 11,00 del mattino è fatto divieto di vendita con asporto di bevande, alcoliche e non alcoliche, con esclusione dell’acqua;
1.3. per tutto l’arco della giornata è fatto divieto di consumo di cibi e bevande, anche non
alcoliche, con esclusione dell’acqua, nelle aree pubbliche ed aperte al pubblico, ivi comprese le
ville e i parchi comunali;
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