La collina sovrastante San Leucio, situata tra i Tifatini, ha lentamente ripreso a rifiorire dopo aver subito incendi che avevano lasciato il terreno privo di vegetazione. Tuttavia, il Castelluccio, così chiamato dai leuciani, situato sulla sua cima, non potrà essere recuperato come il paesaggio circostante. Questa struttura archeologica, ormai uno scheletro ma ancora relativamente conservato grazie ai suoi pilastri e alle parti rimanenti delle pareti, era una torre utilizzata come punto di avvistamento e sosta durante le battute di caccia del Re Ferdinando, accompagnato dai suoi aiutanti, canettieri e cani.
Era un elemento accessorio della Posta del Re, una casetta posta poco sotto il Belvedere, un’area che sovrasta le ex seterie della Real Colonia. Le pareti scheletriche del Castelluccio, viste dalla pianura, assomigliavano alla lettera “H” a causa delle aperture causate dal tempo e dalla mancanza di manutenzione, fungendo da punto di riferimento e distinguendo la collina da Castel Morrone, la cui struttura in pietra è stata smontata pezzo per pezzo fino al suo collasso finale durante la notte tra il 30 novembre e il 1º dicembre 2013.
In occasione del decimo anniversario della perdita di questi resti borbonici, un gruppo di leuciani si è riunito per valutare la possibilità di recuperare i blocchi di tufo e, in un certo senso, ricostruire la struttura, rispettando comunque il suo stato di rudere.
Lucio Carnevale, presidente del Circolo Sociale San Leucio, sottolinea l’importanza di preservare questo ricordo come un oggetto di famiglia, un simbolo dei tempi passati. Carnevale lamenta l’indifferenza mostrata da enti preposti alla sorveglianza e alla tutela dei beni culturali e storici, nonostante la struttura si trovi su proprietà privata. La sua opinione è condivisa da molti, specialmente considerando che i lavori per la costruzione di una strada che collega San Leucio e Vaccheria furono fermati per due anni dalla Soprintendenza a causa della scoperta di un canale fognario borbonico.
Durante gli anni ’50 e ’60, il Castelluccio era la meta delle scalate per molti ragazzi delle borgate circostanti come Briano, Sala e Ercole. Pasquale Ventriglia, uno di questi ragazzi, ricorda con affetto le competizioni tra ragazzi per issare bandiere sul Castelluccio, simboleggiando le conquiste delle diverse borgate. Queste sfide erano accompagnate da un’atmosfera di rivalità amichevole, un ricordo delle estati trascorse all’aria aperta, rappresentando una generazione che godeva delle vacanze estive in modo semplice ma pieno di gioia.
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