avv. Giuseppe Palma
Gli italiani il 4 marzo, sono andati al voto, hanno votato, nella misura complessiva del 54,4% dei voti, contro l’establishment. Di questo 54,4% il M5S ha ottenuto il 32,7%, la Lega il 17,4% e Fratelli d’Italia il 4,3%. Le forze di sistema – Pd, Forza Italia e LeU – hanno ottenuto complessivamente il 36,4% (cioè il 18,9% il Pd, il 14% Forza Italia e il 3,5% LeU), cioè i risultati più bassi di sempre (anche se LeU non aveva precedenti elementi di comparazione).
Bisogna partire da due dati incontrovertibili: il primo è che le forze sistemiche, a differenza delle elezioni politiche del 2013 e di tutte le elezioni precedenti, non hanno i numeri per formare un governo; il secondo è quello che la legge elettorale vigente, quella con la quale il popolo italiano ha votato il 4 marzo, prevede le coalizioni, quindi il centrodestra – presentatosi con un programma comune e con candidati condivisi nei collegi uninominali – ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti (37%) e dei seggi (42%). Il M5S è dunque arrivato secondo. La coalizione di centrosinistra dietro ai 5Stelle.
La nostra è una repubblica parlamentare, una democrazia rappresentativa e pluralista, pertanto le maggioranze di governo si formano in Parlamento attraverso accordi tra gruppi parlamentari. Ci siamo ? Bene.
Tale meccanismo non può tuttavia prescindere da un principio costituzionale che sovraintende finanche la tipologia della forma di governo parlamentare, il “principio democratico”, il quale, tra i suoi elementi distintivi, contiene la regola elementare che chi ottiene più voti deve necessariamente partecipare alla formazione del governo. Sia chiaro: se prescindiamo da questo principio diventa superfluo indire le elezioni e chiamare il popolo alle urne. Durante la Prima Repubblica (1948-1993) la legge elettorale prevedeva un sistema proporzionale puro con le preferenze, dove ciascuna lista si presentava singolarmente e non in coalizione.
La Democrazia Cristiana è sempre stata la lista più votata, quella che otteneva la maggioranza relativa dei voti e dei seggi. Maggioranza relativa, non assoluta. Per questo tutti i governi succedutisi dal 1948 al 1993 sono stati il frutto di accordi tra gruppi parlamentari, ma la Dc ha sempre avuto la golden share nella formazione del governo in quanto lista che otteneva la maggioranza relativa dei voti (cioè più voti rispetto alle altre liste).
Oggi la situazione è la stessa, con la particolarità che il Rosatellum prevede le coalizioni tra liste, dato giuridico dal quale non è possibile prescindere in quanto è la legge stessa a prevedere la facoltà per due o più liste di coalizzarsi prima del voto. Tanto è vero che sia centrodestra che centrosinistra avevano sulla scheda elettorale una connotazione (anche grafica) che dava all’elettore la dimensione partecipativa delle rispettive coalizioni.
Risultato? Il M5S, arrivato secondo, sta per formare un governo con il Pd, cioè con quel partito che ha governato il Paese negli ultimi cinque anni e che gli elettori hanno inequivocabilmente destinato all’opposizione. Non si può in alcun modo non evidenziare come il Partito democratico sia passato dal 25,4% delle politiche del 2013 al 40,8% delle europee 2014, per poi sprofondare al di sotto del 19% alle ultime elezioni. In un sistema democratico, benché la cornice della forma di governo parlamentare, non si può non tenere conto dell’importanza dei numeri, che tradotto significa espressione della sovranità popolare.
Se 5Stelle e Pd riuscissero a formare un governo, ciò non sarebbe rispettoso del “principio democratico”, tanto più che la coalizione che ha ottenuto più voti resterebbe totalmente estranea alla formazione dell’esecutivo.
In Germania e in Austria le rispettive leggi elettorali non annoverano le coalizioni tra liste in senso stretto, ed entrambe prevedono sistemi sostanzialmente proporzionali. In Germania il partito della signora Merkel è arrivato primo senza raggiungere la maggioranza assoluta, bensì solo quella relativa (32,9%), ma è pur sempre la Cdu/Csu ad aver avuto la golden share nella formazione del governo, tant’è che Angela Merkel è ancora il Cancelliere tedesco. Medesimo discorso in Austria, dove il Partito popolare austriaco di Sebastian Kurz ha ottenuto la maggioranza relativa (31,5%) e non quella assoluta. Eppure è il partito popolare ad aver dato le carte per la formazione del governo, tant’è che Kurz è a capo dell’esecutivo.
In Italia la sola differenza è quella che la legge elettorale – per quasi 2/3 proporzionale – prevede le coalizioni pre-elettorali, dato dal quale non si può in alcun caso prescindere altrimenti si verificherebbe non solo una violazione di legge, ma addirittura un palese tradimento della volontà popolare. Il popolo, infatti, ha votato le liste coalizzate tra loro sapendo già prima delle elezioni quali erano le coalizioni, i candidati e i programmi elettorali. Con la particolarità che tutti i candidati dei collegi uninominali delle liste coalizzate erano espressione condivisa delle coalizioni medesime. E l’assenza del voto disgiunto ha blindato la scelta dell’elettore alla scelta delle liste coalizzate. Inoltre, nel caso specifico della coalizione di centrodestra, questa aveva addirittura depositato presso il Ministero dell’Interno un programma elettorale comune, sottoscritto da tutti i leader delle liste che la componevano. Questo produce certamente effetti giuridici dai quali è impossibile prescindere.
Ciò detto, il fatto che tutte le liste della coalizione che ha ottenuto la maggioranza relativa dei voti e dei seggi restino al di fuori del perimetro della formazione del nuovo governo, costituisce senza dubbio alcuno un sovvertimento del “principio democratico”.
In parecchi, soprattutto i tifosi del M5S, evidenziano che le coalizioni sono un’anomalia in un sistema elettorale per quasi 2/3 proporzionale, e che quindi il dato elettorale va considerato alla sola stregua dei voti di lista e non delle coalizioni. Nulla di più falso. Sul Rosatellum mi sono sempre espresso in modo critico, tant’è che ci ho scritto anche un libro per evidenziarne i profili di incostituzionalità (coautore Paolo Becchi), ma la legge c’è ed è vigente, e fino a quando la Corte costituzionale non ne dichiara l’eventuale incostituzionalità essa produce i suoi effetti giuridici. In altre parole, non è possibile prescindere dai risultati elettorali delle coalizioni.
Tornando al percorso che conduce ad un governo M5S-Pd (qualunque ne sia l’espressione finale), stà per concretizzarsi il sovvertimento della volontà del popolo con pedissequo tradimento del principio della sovranità popolare. E quando si sovverte il “principio democratico” si è di fronte ad un vero e proprio COLPO DI STATO!
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