Il procuratore di Napoli, Nicola Gratteri, ha recentemente fatto chiarezza sulla questione della collaborazione di Francesco Schiavone, noto come “Sandokan”, con la giustizia. Nonostante Schiavone avesse intrapreso il percorso di collaboratore di giustizia, Gratteri ha rivelato che tale collaborazione è stata interrotta per la sua reticenza su uno degli aspetti più cruciali della criminalità organizzata campana: lo smaltimento illecito di rifiuti nella Terra dei Fuochi, un tema centrale nelle indagini contro la camorra.
Nel suo intervento a Casal di Principe, durante l’iniziativa Polity Design, Gratteri ha spiegato che un “aspirante collaboratore di giustizia”, come definito il boss dei Casalesi, non può essere considerato tale se non è disposto a rivelare tutte le informazioni rilevanti. La reticenza di Schiavone riguardo agli interramenti dei rifiuti tossici, un crimine ambientale devastante che ha avuto gravi conseguenze sulla salute dei residenti, è stata vista come una mancanza di volontà di raccontare la verità. Secondo Gratteri, senza verità non c’è protezione: “Se mi parli di cinquanta omicidi, ma non mi dici chi ha gestito gli interramenti dei rifiuti tossici, significa che non stai raccontando tutta la verità.”
La decisione finale di interrompere la collaborazione con Schiavone è arrivata dalla Procura di Napoli e dal Ministero della Giustizia, che ha disposto il suo ritorno al 41 bis, il regime di detenzione speciale riservato ai detenuti ritenuti particolarmente pericolosi. Questo episodio solleva ulteriori riflessioni sulla complessità della lotta contro la camorra e sull’importanza di ottenere la piena collaborazione dei pentiti per smantellare tutte le reti criminali, inclusi i traffici illegali di rifiuti che devastano il territorio.
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