Chi è Fabio Cagnazzo
“Io l’Arma ce l’ho stampata sul Cuore”: questo era solito ripetere a uomini e conoscenti il colonnello Fabio Cagnazzo. Dal 2017 al 2020 l’ufficiale ha ricoperto il ruolo di comandante provinciale dei carabinieri di Frosinone. Tre anni di attività investigativa e operativa intensi e che hanno portato all’individuazione di due presunti assassini e all’accelerazione nelle indagini sull’omicidio di Serena Mollicone.
Una figura di spessore quella dell’ufficiale aversano, cresciuto nelle più storiche caserme d’Italia, figlio e fratello d’arte: il padre Domenico, già vice comandante generale dell’Arma e generale di Corpo d’Armata, fu colui che catturò Totò Riina. Il fratello gemello Massimo, anch’egli colonnello mentre un terzo fratello, Salvatore, è stato capo ufficio Cerimoniale del Comando Generale. Una sorta di pedigree familiare che lo ha portato a una carriera fatta di successi.
A chi andava a fargli visita nel suo ufficio di viale Mazzini a Frosinone era sovente mostrare i tanti encomi ricevuti per aver arrestato criminali di spessore: Vincenzo Capone, inserito nell’elenco dei cento latitanti più pericolosi d’Italia e referenti di spicco del clan napoletano dei Crimaldi; Modestino Pellino, capo zona del clan Moccia; Stefano Ronga braccato a Formia e capofila del clan Ranucci. E poi c’è stato lui, l’inafferrabile Pasquale Vargas del clan dei Casalesi e ‘stanatò in un condominio di Giugliano in Campania. E infine i fratelli Russo. Gli ha dato la caccia per 15 anni cominciando da giovane capitano quando comandava la compagnia dei carabinieri di Nola.
L’omicidio del Sindaco di Acciaroli Angelo Vassallo
Era la sera del 5 settembre di quattordici anni fa quando, a Pollica-Acciaroli, in provincia di Salerno, nove colpi di pistola uccisero Angelo Vassallo, il ‘sindaco pescatore’ cui si deve il decollo turistico di quell’area del Cilento. Vassallo, quella sera, era nella sua station wagon nella frazione costiera di Acciaroli. Stava rincasando, quando fu freddato dall’esplosione dei proiettili di una pistola ‘baby Tanfogliò, poi mai ritrovata. Negli anni, le indagini della Procura di Salerno-Dda hanno contemplato varie piste, compresa quella relativa al fatto che Vassallo fosse stato ucciso perché considerato un ostacolo agli affari illeciti, in particolare di droga, nella località costiera cilentana che, d’estate, pullula di turisti. Il 28 luglio di due anni fa, su disposizione della Dda salernitana, fu eseguito un decreto di perquisizione e sequestro nei confronti di nove persone che erano indagate, a vario titolo, nell’inchiesta sull’omicidio. Oggi, con l’esecuzione dell’ordinanza che dispone la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di quattro persone, l’indagine potrebbe essere a una svolta.
L’ordinanza
“E così anche il pescatore lo abbiamo messo a posto”. È Romolo Ridosso a commentare l’agguato costato la vita il 5 settembre del 2010 ad Angelo Vassallo, sindaco di Acciaroli (Salerno). Il particolare emerge dall’ordinanza, di cui l’Agi ha preso visione, con la quale la gip del Tribunale di Salerno Annamaria Ferraiolo ha portato in carcere il colonnello dei Carabinieri Fabio Cagnazzo, 54 anni, l’ex brigadiere Lazzaro Cioffi, 62 anni, l’imprenditore Giuseppe Cipriano, 56 anni, e Romolo Ridosso, 63 anni, ritenuto esponente del clan camorristico Ridosso-Loreto.
A casa di Ridosso, subito dopo l’agguato c’era stato un incontro cosi’ come ha raccontato agli investigatori l’allora sua convivente, già testimone di giustizia, considerata attendibile dagli investigatori della Dda di Salerno che, per oltre un decennio, hanno cercato di far luce sull’omicidio del ‘sindaco pescatore’, come era soprannominato Vassallo. La donna racconta agli investigatori di un incontro tra Cioffi, Cipriano e Ridosso nell’abitazione di quest’ultimo a Lettere (Napoli). I due ospiti arrivano sul posto a bordo di un Suv nero e sono accolti da Ridosso, che intrattiene con loro una conversazione privata.
Al suo rientro in casa, parlando a voce alta da solo, Ridosso afferma: “Pure il pescatore lo abbiamo messo a posto”, senza aggiungere altro. E inoltre, così come emerge dall’ordinanza, ci sarebbe stato un accordo preventivo per depistare le indagini dell’omicidio al quale avrebbe partecipato Cagnazzo, che poi avrebbe spinto la Procura di Salerno a seguire una falsa pista. Il colonnello Cagnazzo “come concordato in precedenza, depistava effettivamente le indagini condotte dalla Procura di Salerno” indirizzandole verso una falsa pista, “quella dell’alterco del primo cittadino con Bruno Humberto Damiani e Roberto Vassallo, omonimo del sindaco ucciso, titolare di un albergo del luogo, per questioni legate allo spaccio di stupefacenti”.
Cagnazzo, secondo quanto emerso dagli accertamenti del Ros, dopo l’omicidio del sindaco pescatore si sarebbe adoperato per diffondere false notizie circa il coinvolgimento di Damiani sostenendo che fosse positivo all’esame dello stub. Damiani, sosteneva falsamente l’ufficiale dell’arma ora detenuto nel carcere militare di Santa Maria Capua Vetere, si era anche occupato di pedinare la vittima nei pressi del porto di Acciaroli. Altra fake news che il carabiniere, sempre secondo gli inquirenti, diffuse all’epoca era quella dell’esistenza di un ‘gruppo Damiani’ dedito al traffico di droga che veniva veicolata attraverso l’uso di un gommone.
Sin dal 2016, Romolo Ridosso, che in quell’anno aveva iniziato a collaborare con la giustizia e che oggi è stato arrestato per concorso nell’omicidio di Angelo Vassallo, metteva in relazione il delitto del sindaco ‘pescatore’ con il traffico di droga “a quintali” in cui era coinvolto Raffaele Maurelli. Sentito dagli inquirenti all’epoca, Ridosso fece riferimento a presunti collegamenti tra Maurelli (poi deceduto) con i Casalesi e Nicola Schiavone (figlio di Francesco, detto Sandokan), avanzando l’ipotesi dell’esistenza di un gruppo che era in ‘affari’ con i Casalesi, nel quale avrebbe provato a entrare. Tentativo, poi, sfumato perché “abbandonato” dallo stesso gruppo, dopo l’arresto di suo figlio.
È Salvatore Ridosso, figlio di Romolo, a raccontare, nel 2014 agli investigatori, del ‘viaggio ad Acciaroli’, uno o due giorni prima del delitto Vassallo. In auto, lui, il padre e Giuseppe Cipriano, conosciuto come Peppe dell’Odeon, raggiunsero la località costiera cilentana perché Peppe dell’Odeon avrebbe dovuto incontrare una persona. Ma, quell’incontro, secondo quanto riferì, non ci fu. Salvatore Ridosso rivelò che, poi, appreso dell’omicidio del sindaco ‘pescatore’, lui e il padre si allarmarono perché convinti di essere finiti in una trappola della persona che li aveva portati ad Acciaroli; loro invece nulla avevano a che fare con il delitto. Quanto ai motivi dell’omicidio, Salvatore Ridosso disse agli inquirenti che Vassallo aveva scoperto un traffico di droga che sarebbe avvenuto, via mare, a bordo di barche che partivano dal porto di Castellammare di Stabia. Lo stupefacente veniva preso nelle zone di Secondigliano da alcuni esponenti del clan Amato-Pagano, caricata sulle imbarcazioni con direzione il porto di Acciaroli. Da li’, poi la droga sarebbe stata smerciata in Calabria e in Cilento.
Del collegamento tra l’omicidio di Angelo Vassallo e la scoperta, da parte del ‘sindaco pescatore’, di un traffico di droga in cui sarebbero stati coinvolti Lazzaro Cioffi e Fabio Cagnazzo, arrestati oggi per quel delitto, Romolo Ridosso, collaboratore di giustizia e anche lui tra i destinatari del provvedimento restrttivo del gip Annamaria Ferraiolo, parla con Eugenio D’Atri, suo compagno di cella nel carcere di Sollicciano.
Ed è D’Atri, sentito dagli inquirenti, a rivelarlo, sostenendo di aver appreso da Ridosso, in particolare, che Cagnazzo, grazie alle sue conoscenze, sarebbe riuscito a trovare un luogo sicuro dove stoccare lo stupefacente, nei pressi del porto di Acciaroli. Le dichiarazioni sono contenute nell’ordinanza di custodia cautelare che l’Agi ha visionato.
Ridosso avrebbe confidato a D’Atri che Cagnazzo avrebbe fatto sparire Cioffi dalla circolazione dopo il delitto e che si sarebbe occupato di depistare le indagini, sentendo in maniera informale anche un carabiniere in vacanza ad Acciaroli. Cagnazzo, sempre secondo quanto riferito da D’Atri che aveva appreso le informazioni da Ridosso, sarebbe andato a casa di quel carabiniere, non lontano dal luogo dell’omicidio, insieme con un’altra persona.
Lascia un commento