CASERTA – Per fronteggiare l’enorme mole di richieste di ossigenoterapia pervenute all’Asl di Caserta nelle ultime settimane, non ci sono bombole a sufficienza.
E a poco è valso il tentativo di salvare in extremis una situazione così critica autorizzando la distribuzione dell’ossigeno liquido anche ai pazienti Covid. Anche in questo caso, infatti, le due aziende appaltanti che in provincia di Caserta avrebbero dovuto sopperire a questa carenza, hanno terminato la disponibilità di bombole. L’emergenza continua.
Le bombole di ossigeno da somministrare allo stato gassoso non ci sono perché i cittadini che ne hanno avuto bisogno, al termine della cura non le hanno riconsegnate in farmacia.
Sono proprio i pazienti che solitamente necessitano di ossigeno per curare le proprie patologie ad aver di fatto paralizzato la macchina dei soccorsi, non riconsegnando le bombole avute in dotazione una volta terminata la cura.
Il medico di base, infatti, prescrive come terapia l’ossigeno ai pazienti affetti da problemi respiratori. In farmacia viene fornita una bombola per poter continuare la terapia domiciliare in autonomia. Una volta finito l’ossigeno nella bombola, però, questa deve essere riconsegnata in farmacia per essere ricaricata o, comunque, riutilizzata per assistere altri pazienti. Ma quest’ultimo passaggio non sempre avviene.
E così a Caserta, in provincia e, a dir la verità, un po’ ovunque, non ci sono più bombole disponibili. Questa indisponibilità, però, adesso rischia di far collassare il sistema sanitario che allo stato attuale non è in grado di garantire ai malati l’ossigeno necessario per le cure domiciliari.
L’Asl di Caserta ha provato a tamponare l’emergenza autorizzando la distribuzione di ossigeno allo stato liquido anche ai pazienti Covid. Questa terapia, infatti, fino a pochi giorni fa, era somministrata solo ai pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva, meglio nota con l’acronimo Bpco.
Le due ditte aggiudicatarie dell’affidamento del servizio di distribuzione dell’ossigeno liquido sono la ditta «Magaldi Life srl» e la ditta «Vivisol Napoli srl». Nonostante la suddivisione del territorio in distretti sanitari affidati ciascuno a una delle due ditte, anche in questo caso le bombole sono già terminate. E a poco è valso l’invito dell’Asl rivolto ai farmacisti a richiedere in autonomia, una volta esaurita la disponibilità delle due ditte appaltanti, le bombole di ossigeno liquido ai propri rifornitori abituali di ossigeno gassoso.
E questo perché nella maggior parte dei casi si tratta di aziende medio-piccole, anche qui non in grado di fronteggiare una mole di richieste di bombole di ossigeno che nelle ultime settimane è più che triplicata. L’acquisto di nuove bombole da parte delle ditte è pressoché inattuabile a causa dei costi e soprattutto dei tempi che un’operazione simile richiederebbe.
La produzione di bombole per l’ossigeno liquido viene realizzata solo da tre aziende nel mondo. Quella per l’ossigeno gassoso, invece, richiede un iter burocratico lento, fatto di numerosi test ed autorizzazioni, indispensabili per garantire la tenuta delle bombole e della valvola dalla quale l’ossigeno deve fuoriuscire in sicurezza.
Sul caso è intervenuta anche Federfarma Caserta, la federazione che rappresenta le farmacie private della provincia presso tutti quegli organismi inerenti e non il Servizio sanitario nazionale. «Il problema della mancanza di ossigeno è stato risolto solo sulla carta ha commentato Umberto D’Alia, il presidente di Federfarma Caserta -. Le ditte incaricate della distribuzione dell’ossigeno liquido in Terra di Lavoro hanno pochi concentratori, poche bombole, e non sono pronti a soddisfare le nostre richieste. Il problema si acuisce nei fine settimana, il sabato e la domenica, quando le farmacie chiudono e ne resta solo una o un paio aperte «di turno». In questi casi grava solo su di loro l’intera richiesta della cittadinanza che aspetta e giustamente vuole la propria bombola di ossigeno. L’appello che faccio ai cittadini è di restituire le bombole vuote che hanno a casa e di consegnarle in farmacia. Da parte nostra ha proseguito D’Alia come farmacisti ci siamo già attivati per contattare telefonicamente i pazienti che posseggono le bombole invitandoli a riportarle in sede. Ma non sempre questo è possibile perché, in molti casi, i pazienti necessitano di ossigeno solo in alcuni momenti della giornata. Con la conseguenza che la bombola dura anche una settimana o più giorni. Bisognava prepararsi prima all’emergenza. È mancata la programmazione. Ora gli organi regionali, l’Asl e noi farmacisti ce la stiamo mettendo davvero tutta per risolvere il problema. Ma non è facile».
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