Mi sembra tutto molto artificiale, come spesso accade con i social media che sembrano la forma di espressione più diretta e universale. Purtroppo non è sempre così. Sono spesso iniziative premeditate, tutt’altro che spontanee. Non si capisce perché uno si presenta sul palco del Concertone del Primo Maggio e parla di tutt’altro argomento ripescando un’orribile dichiarazione di un trucido leghista, peraltro risalente a cinque anni prima. Non era una novità del giorno su cui sarebbe stato lecito saltare addosso. Certo fa sempre più orrore rileggere la frase “se mio figlio fosse gay lo metterei nel forno”, ma che cosa c’entri con il primo maggio non si sa. Dopodiché monta un vespaio polemico con batti e ribatti, chi più ne ha più ne mette. Mi sono trovato molto d’accordo con il segretario della Uil Carmelo Barbagallo, quando ha detto “vorremmo parlare di lavoro almeno il primo maggio”. Perché il risultato finale è che si è occultata una celebrazione importantissima, specialmente nel momento in un cui ci sono un milione di disoccupati in più e continuano a morire persone sul lavoro. Vicende strazianti come quella di Luana, la bellissima ragazza di Prato, schiacciata da una macchina tessile. Oggi ancora un altro. Di questo bisognerebbe occuparsi. Mille morti sul lavoro all’anno credo siano un problema più importante, più serio, più tragico.
Io mi ricordo Leonardo Sciascia quando profetizzò che a furia di aggredire tanta gente, a furia di questa implacabile fame di giustizia che poi tracima nel sadismo contro i malcapitati finiti nella gogna di qualche procura, sarebbero finiti a sbranarsi fra di loro. E’ quello che sta accadendo. E’ il momento dello scannamento fra magistrati. Mi viene in mente non una profezia, ma un ammonimento di Pietro Nenni: “A forza di fare i puri troverai sempre qualcuno più puro che ti epura”. Ormai l’Associazione Nazionale Magistrati ogni giorno produce esempi di incontrollabile sadismo, al momento scatenato fra colleghi.E Piercamillo Davigo che riceve brevi manu i verbali secretati della Procura di Milano e trova che la cosa più normale del mondo sia tenerseli per se. E’ singolare?
E’ più che singolare. D’altra parte il personaggio è, usiamo un eufemismo, bizzarro. Voleva rivoltare l’Italia come un calzino. Forse ha rivoltato i suoi. L’Italia è peggiorata anche secondo quello che ha dichiarato in pubblico il capo di Davigo, che si chiamava, per chi lo avesse dimenticato, Francesco Saverio Borrelli, l’inflessibile Procuratore capo di Milano, che nel ventennale di Mani Pulite non trovò niente meglio da dire che “dobbiamo chiedere scusa agli italiani”, perché non era valsa la pena rivoltare il mondo precedente, la prima Repubblica, i socialisti, i democristiani e quant’altri, per cadere in quello successivo. Dunque era stata un’operazione sotto il profilo dei risultati disastrosa, come ha riconosciuto anche chi quella operazione l’ha guidata. Anche Antonio Di Pietro ha ammesso che la seconda Repubblica era peggio della prima. Quindi che vuole che dobbiamo aspettarci. Nulla, se non una seria riforma della giustizia. Separazione delle carriere giustizia. E basta con questa ipocrisia dell’obbligatorietà dell’azione penale, secondo la quale si dovrebbero perseguire tutti i reati con il risultato che il novantacinque per cento restano impuniti. Fissiamo delle priorità nel perseguimento dei reati. Le stabilisca il Parlamento. E l’amministrazione della giustizia segua l’indicazione del legislatore.
Non mi piace infierire su chi è in disgrazia. Cero sembra la pubblicità contro il fumo: “…Renzi nuoce gravemente a se stesso”.
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