Ci verrebbe da dire buon lavoro, ma lo abbiamo già fatto nel giugno del 2016 ed ancora oggi noi di Caserta Kest’è, così come tutti i cittadini di Caserta, attendiamo un minimo segnale della presenza di una giunta comunale sul territorio.
Di nuovo non vediamo assolutamente nulla, perché la presenza di una giunta comunale non si è mai sentita in città, così come del resto quella di un’amministrazione e di un sindaco, troppo impegnati a mantenere gli equilibri interni per potersi dedicare agli innumerevoli problemi che attanagliano la nostra città.
La distribuzione delle tante deleghe e di tante proroghe da parte del primo cittadino potrebbe sembrare fatta a caso ed invece è chirurgicamente voluta.
Meglio scombinare le deleghe e regalarle a chi ha bisogno di mesi e mesi per cominciare a capirci qualcosa, così sarà più facile trovare giustificazioni per un fallimento, quello dell’amministrazione Marino, da tempo già sotto gli occhi di tutti.
Restiamo basiti dal fatto che il governo di Caserta sia servito, serve e continuerà a servire per il raggiungimento di obiettivi personali che nulla hanno a che fare con la città.
Avevamo messo in guardia i cittadini sui reali interessi di determinati personaggi, giurando di scendere in campo per il bene della città, e che invece avevano bisogno del Comune semplicemente per garantirsi un ruolo politico prestigioso e la saldatura di una nobile poltrona.
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Questa amministrazione sarà ricordata per il secondo dissesto finanziario, cercato ad ogni costo di oscurare, ma senza riuscire nell’intento.
Abbiamo denunciato questi disastri e continueremo a farlo.
E proprio perché vogliamo mettere all’attenzione dei cittadini, l’inerzia e l’indifferenza della giunta Marino, proviamo a “individuare” l’immagine di questa amministrazione: Il chiostro di Sant’Agostino, nei giorni piovosi però, perché rende il tutto ancora più squallido del solito e l’abbandono, ancora più mortificante.
Ma l’indignazione è ancora più devastante nel vedere che di fronte ad uno “spettacolo” di degrado nel quale versa il Chiostro di Sant’Agostino, ridotto ad una discarica di materiale di risulta quando il tempo è asciutto è l’indifferenza ed il silenzio quasi offensivo da parte dell’amministrazione comunale che dovrebbe tutelare i beni comuni nonché valorizzarli nel migliore dei modi.

CENNI STORICI
La storia di questa chiesa comincia nel 1113, quando l’arcivescovo di Capua Senne concede a Rainulfo (il primo vescovo di Caserta) la diocesi.
Le prime notizie riguardanti la presenza degli Agostiniani risalgono invece al 1295, quando il re angioino Carlo II concesse loro l’autorizzazione per il commercio del grano in città. Pochissime, da questa data in poi, sono le notizie riguardanti la vita monastica, fino alla soppressione del convento (1654), a causa della scarsa presenza dei religiosi stessi; tale decisione, presa dal vescovo di Caserta Bartolomeo Crisconio, era diretta conseguenza della bolla papale di papa Innocenzo X, che imponeva la chiusura dei piccoli conventi. Nel frattempo, però, l’ex convento aveva già stretto legami con l’istituendo Educatorio di Sant’Agostino (1623).
Il Complesso fu ceduto alle monache domenicane, che si adoperarono per rimetterlo in sesto: nel 1702 il vescovo Giuseppe Schinosi dispose la sua ristrutturazione a spese della parrocchia cattedrale; ristrutturazione che terminò, verosimilmente, attorno al 1713.
Da questa data in poi, il convento ricominciò a ‘funzionare’, pur versando ancora in condizioni degradate, dato che le monache stesse supplicarono il Re borbonico Ferdinando IV di far intervenire qualcuno. Il Re pensò immediatamente a Luigi Vanvitelli, progettista della contemporanea Reggia di Caserta; intervento documentato dal Real Diploma del marchese Fogliani, in cui si cita l’architetto di origine olandese come responsabile del lavoro di riqualificazione del Complesso di Sant’Agostino.
DESCRIZIONE
Quanto effettivamente intervenne il Vanvitelli, però, non è dato saperlo anche se, come sostiene Giovanni Sarnella, “in questa chiesa tutto ci parla di Vanvitelli“: partendo dalla facciata, che riconduce a quella della Chiesa di Santa Maria degli Angeli di San Nicola La Strada, attribuibile a due allievi del Vanvitelli (Bernasconi e Patturelli) che, secondo alcuni, avrebbero effettivamente dato la loro impronta alla nuova chiesa.
Gli interventi del Vanvitelli sono ben più visibili all’interno della chiesa: a pianta rettangolare e navata unica, la Chiesa di Sant’Agostino presenta infatti i meravigliosi racemi e fiorami scolpiti sulle porte, marchio evidente del famoso architetto. Comunque, si può ragionevolmente supporre che egli abbia, anche in minima parte, modificato tutti gli elementi all’interno della chiesa (come ad esempio le “gelosie” del presbiterio e delle parti laterali), dato che lo stesso Vanvitelli domanda più risorse al re per completare il restauro, dato che i soldi erano stati spesi dalle monache più per gli acquisti dei dipinti (tra cui citiamo almeno una tela della Madonna del Rosario e santi domenicani di Girolamo Starace e SS. Anna e Gioacchino con la Vergine in gloria ed i SS. Rocco, Michele e Antonio Abate ad opera di Giacinto Diano, entrambe nelle cappelle laterali), piuttosto che per la ristrutturazione vera e propria.
La Chiesa di Sant’Agostino fu terminata nel 1774 (un anno dopo la morte del Vanvitelli). Nel corso dei secoli successivi, i continui furti e il terremoto del 1805 costrinsero il figlio di Vanvitelli a nuovi interventi di restauro. La collocazione della statua lignea di San Sebastiano, opera dello scultore bolzanese Paul Morder Doss (1922), diede il nuovo nome alla chiesa, che ha una delle storie architettoniche più interessanti della città.
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