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Campania: Psicosi Coronavirus, la paura si diffonde, tante richieste di intervento

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Il contagio della psicosi da coronavirus si diffonde più rapidamente della stessa infezione. Tanto che a Napoli da ieri circola un altro allarme: l’esaurimento delle scorte di amuchina nelle rivendite. Mentre due salernitani, provenienti da Lodi, si sarebbero disciplinatamente posti in isolamento volontario dopo essersi sottoposti all’esame del tampone (con risultato negativo) presso l’ospedale Ruggi d’Aragona. I medici dell’ospedale Cotugno sanno bene quanto sia insidiosa, in questi casi, l’epidemia da panico, tanto da ribadire di continuo che per ora non vi sono pericoli concreti e tutti i casi sospetti pervenuti al Pronto soccorso infettivologico si sono rivelati, fortunatamente, infondati. Ieri pomeriggio, da Cava de’ Tirreni, dove per precauzione è stata disposta la chiusura del Pronto soccorso, è giunto al Cotugno un bimbo di appena tre anni con febbre alta. Pare che si fosse intrattenuto a giocare con alcuni coetanei — è stato riferito dai parenti — provenienti dalle aree a rischio contagio da coronavirus, ma in buone condizioni di salute. Il tampone effettuato sul bambino ha però confermato che si tratta solo di influenza e non ci Coronavirus.

È risultato negativo il primo test su un cittadino napoletano proveniente da Lodi e che ha riferito di essere stato in contatto con i luoghi oggi considerati a rischio. “È l’effetto panico che oggi bisogna arrestare, sostengono dalla task force predisposta dalla Regione Campania per gestire l’emergenza. Addirittura vi sono quartieri di Napoli dove non si trova più neanche una boccetta di amuchina. Siamo al paradosso”. Enrico Coscioni, consigliere regionale per la sanità del governatore Vincenzo De Luca, rassicura: “Lunedì riuniamo la task force che abbiamo istituito per eventuali aggiornamenti sulle linee guida. Il Cotugno è l’ospedale di riferimento della Campania e da settimane è già attrezzato a pieno regime per consentire percorsi di accesso dedicato e stanze a pressione negativa. Anche perché non si partiva da zero, ma dalla vecchia esperienza della febbre suina, e da quella più recente dei casi di meningite”. La febbre suina sembra non aver lasciato cicatrici nel ricordo collettivo. Ma al Cotugno non hanno dimenticato quando si scatenò il delirio collettivo, con le file di cittadini che premevano alle porte dell’ospedale: “Ci ritrovavamo in Pronto soccorso con una media di cinquanta, sessanta persone al giorno in attesa di essere visitate. Tutti con il timore di aver contratto l’influenza suina”.

Oggi cosa prevede il protocollo per far fronte ad una eventuale emergenza da coronavirus? “Per chi presenta i sintomi, come febbre o difficoltà respiratorie, e arriva presso il Pronto soccorso di un ospedale, viene allertato il servizio di 118 e, nel caso il paziente sia trasportabile, accompagnato al Cotugno, ospedale regionale di riferimento ,   spiega  Giuseppe Longo, direttore generale del Cardarelli e componente della task force regionale che comprende una quindicina tra infettivologi, epidemiologi e dirigenti ospedalieri. Qui è stato non solo allestito un accesso dedicato, ma vi sono dai 6 agli 8 posti letto in terapia intensiva. Beninteso, le linee guide sono prescritte per tutti gli ospedali, tanto che ciascun presidio campano oggi è dotato di dispositivi di protezione: vale a dire di divise, mascherine, guanti e di attrezzatura adeguata per fronteggiare eventuali casi sospetti». I test e gli esami, dunque, vengono effettuati al Cotugno. “Il criterio epidemiologico, sottolineano dall’ospedale collinare per le malattie infettive, è quello più importante. Siamo già da settimane attrezzati. Per primi procediamo con i test influenzali. Proseguiamo con i test di biologia molecolare. Ed i primi esiti degli esami li registriamo a distanza di quattro o cinque ore dal ricovero del paziente”.

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