Nell’istituto Angelo Bruno, uno dei 57 agenti indagati dalla Procura, lavora dal lontano 1996, e dopo aver appreso la notizia di essere sotto inchiesta, è salito per protesta sui tetti dell’istituto di pena. Per convincerlo a scendere il c’è voluto il procuratore aggiunto Alessandro Milita, che con lui si è confrontato per lungo tempo sulla triste vicenda.
Bruno, ieri, con un gesto eclatante, è salito sul tetto di un padiglione del carcere urlando tutta la sua rabbia: “Io ho regole da far rispettare – ha detto rivolgendosi al magistrato – e i detenuti le devono rispettare. Ma si è perso pure questo. Io non rappresento più la legalità“. Oggi è ancora scosso: “La sera del 6 – racconta Bruno – volevamo solo ristabilire la legalità, dopo che qualche giorno prima i detenuti ci avevano gettato addosso anche olio bollente, ferendo decine di colleghi; tra i 40 e i 50 poliziotti si sono fatti refertare. Ed invece sembra che ora siamo noi gli aguzzini, che ogni giorno dobbiamo lavorare in situazione di grave precarietà, sotto organico, e in una struttura che ospita centinaia di detenuti in più rispetto alla capienza. Sono davvero stanco“.
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