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All’ Ex Canapificio sgomberi ordinati e mai eseguiti, abusivo da 5 anni

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CASERTA – Per un assessore che tace, c’è un dirigente che parla. O meglio, risponde a Gianpiero Zinzi e racconta una nuova storia dell’Ex Canapificio di Caserta.

Una storia di sgomberi ordinati e mai eseguiti, di chiavi chieste e mai consegnate, di messe in sicurezza suggerite e rimaste lettera morta.

Il 30 aprile l’avvocato Silvio Uccello, direttore generale delle Risorse Strumentali della Regione risponde ai quesiti del consigliere Zinzi in merito al caso dell’Ex Canapificio di Caserta sgomberato per questioni di sicurezza nel mese di marzo.

Uccello parte dal principio e scrive che «il 26 ottobre 2006 fu stipulato il comodato d’uso tra la Regione e l’associazione, rappresentata all’epoca da Michele Niccolo, per il capannone centrale dell’ex Canapificio in viale Ellittico».

Il 31 luglio 2014, continua Uccello, «la Regione disdisse il contratto per sopraggiunte esigenze istituzionali».

Ancora un anno, è il 2 novembre del 2015, e la Regione Campania annuncia che sarà linea dura: il 27 novembre successivo si sarebbe provveduto «alle operazioni di rilascio dell’immobile e alla riconsegna all’Ente proprietario».

Ma can che abbaia, si sa, non morde, e infatti la Regione, dopo l’annuncio, non va fino in fondo.

La mattina del 27 novembre del 2015 gli ufficiali di pg si presentano al Canapificio, intenzionati a compiere il loro dovere, ma incontrano Massimo Cocciardo, operatore dell’associazione, che si rifiuta di consegnare le chiavi del Canapificio spiegando il diniego, come se bastasse, ch’essa è sede d’accoglienza di immigrati e rifugiati e quindi «non si possono interrompere i servizi svolti per conto di province e Ministero degli Interni».

Cocciardo li informa anche che «è fissato un appuntamento con l’assessore alle Politiche sociali per il successivo lunedì».

E tanto basta per far vacillare gli ufficiali. Che fanno dietrofront. Scrive, infatti, Uccello. «A fronte del rifiuto, la Regione ha sospeso lo sgombero».

Passano altri due anni, siamo al 25 ottobre del 2017, e i tecnici regionali si presentano all’ex Canapificio per una ricognizione e riscontrano «situazioni di pericolosità dovute alla mancata adozione di ogni misura di sicurezza da parte dell’Associazione» che viene, di nuovo, diffidata a lasciare l’immobile».

E, visto che il centro sociale di andar via non ha intenzione, informa i responsabili dell’avvio delle azioni giudiziarie con nota inviata all’Avvocatura regionale il 1 dicembre 2017.

Un mese dopo, ripercorre Uccello «c’è una nuova diffida al rilascio dei locali e vengono informate dell’inadempimento sia la Prefettura che il Comune di Caserta e l’Avvocatura regionale viene sollecitata a proseguire nell’azione di rilascio».

Siamo al gennaio del 2018, più di un anno prima che la Procura ordini lo sgombero, ma nella sua cronistoria il dirigente Uccello si vede costretto a fare un passo indietro. «Il 28 novembre del 2017, attraverso il vicecapo di gabinetto della Regione, Michele Gerardo, perveniva una nota della Prefettura di Caserta che segnalava “la rilevanza dell’attività svolta dall’associazione la cui interruzione avrebbe avuto ripercussioni nella tenuta sociale e sull’ordine pubblico”».

Il 2017 è l’anno in cui, dopo una corsa solitaria, il Centro sociale s’aggiudica i 7 milioni e mezzo di euro per il progetto Sprar, vicenda per la quale sette responsabili dell’ex Canapificio sono indagati per associazione per delinquere finalizzata alla truffa.

Nel 2017, dunque, dalla Prefettura chiedono alla Regione di essere informati per tempo dell’eventuale esecuzione dell’azione di rilascio «al fine di adottare le misure a tutela dell’ordine e della sicurezza».

Ma non c’è pericolo, le raccomandazioni prefettizie sono inutili dal momento che il «rilascio dei locali» resta incastrato sulla carta bollata che va e viene tra Caserta e Napoli.

E infatti, relazione Uccello, di nuovo «è stata compulsata l’avvocatura regionale, in una fitta interlocuzione sfociata in diversi incontri, anche con il Comune di Caserta».

Dopo quegli incontri, il vicepresidente Fulvio Bonavitacola, è ormai l’8 agosto scorso, «invita la direzione generale Risorse Strumentali a porre in essere le procedure necessarie alla regolarizzazione dei rapporti con l’associazione». E ancora una volta, quindi, il Centro sociale viene «esortato a produrre documentazione utile a valutare la possibilità di legittimare la presenza nell’ex Canapificio».

«Ma l’Associazione non ha prodotto quanto richiesto e – prosegue Uccello – è continuata l’occupazione senza titolo della struttura» rispetto alla quale la Regione sta proseguendo «nelle attività giudiziarie per il rilascio». Che quindi si trascinano sterilmente da cinque anni. Il resto è storia nota. Il sequestro e l’ordine, del gip alla Regione, di mettere in sicurezza l’ex Canapificio. Le proteste, i sit in, il corteo e l’indignazione.

Gianpiero Zinzi, che non era a conoscenza della reale situazione, si è impegnato per far emergere la verità sulla questione, e commenta «Intendevo capire come si sia potuti arrivare a questo punto, a mettere in pericolo l’incolumità delle persone. Dopo la risposta del dirigente la situazione appare più chiara. Non sono entrato in polemica all’inizio e non voglio farlo adesso, ma l’anarchia non può essere tollerata».

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