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Magi il primo ad interrogare Francesco Schiavone ‘Sandokan’ a cui disse di essere un agricoltore.

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Raffaello Magi, giudice della Corte di Assise del maxi processo Spartacus al clan dei Casalesi, e oggi presidente di una sezionale penale della Corte di Cassazione, fu il primo ad interrogare Francesco Schiavone ‘Sandokan’ dopo la cattura, dicendogli di essere “solo un agricoltore” ma già in quella occasione “dimostrava la sua fierezza e di certo non era preoccupato per essere finito dietro le sbarre”. E giù subito contro i pentiti: “Si disse stupito del fatto che i magistrati stessero ancora a sentire le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia, per lui non potevamo affidare i processi a chi aveva tradito la sfera criminale nella quale avevano vissuto fino al momento dell’arresto. In più occasioni parlò di una sorta di congiura contro di lui, era convinto che fosse assolto nel giro di pochi mesi. Sulle accuse nei suoi confronti non aprì bocca”. Adesso dopo 26 anni il boss ha deciso di collaborare con la giustizia. Il magistrato Magi racconta alcuni aneddoti del maxiprocesso Spartacus che “Schiavone seguì praticamente in ogni udienza, spesso era in tuta di ginnastica ma di certo non si perdeva mai alcun videocollegamento. E quasi sempre aveva un atteggiamento di sfida nei nostri confronti. Cercò con alcune dichiarazioni spontanee di smontare le dichiarazioni dei pentiti, anche del cugino Carmine Schiavone e di Dario De Simone”.

E proprio contro i collaboratori di giustizia augurò loro di “fare la fine dei clochard, finiranno come i barboni sotto i ponti”. Mentre ha “sempre negato tutte le accuse”. Nonostante fosse al capo del clan dei Casalesi e accusato di essere parte attiva in almeno 12 omicidi: “Fu ritenuto colpevole di tutto, fu condannato all’ergastolo, reso definitivo nel 2010”.

Il magistrato Magi: “Può sicuramente dire tanto sull’organizzazione economico-imprenditoriale del clan, e soprattutto può far capire a tutti quanto funziona davvero il carcere duro. Oggi bisogna capire se il regime del 41bis è davvero efficiente oppure se i boss riescono comunque a comunicare con l’esterno. Serve un’azione forte, un racconto diretto della verità”.

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