Orribile quanto ci giunge da Genova, precisamente da Chiavari. A soli 16 anni Adele ha perso la vita. Una morte che non trova ragione specie se la causa va rintracciato nello sballo, nella droga. Così infatti ad uccidere la ragazzina pare sia stata una potente dose di metanfetamina.
Genova: 16 morta per una dosa di Mdma
È accaduto all’improvviso, davanti agli occhi sgomenti degli amici. Adele De V., di Chiavari, aveva solamente 16 anni e tutta una vita da vivere e non da vedersi scivolare via tra le mani per colpa di una dose di droga. Così infatti, secondo le ricostruzioni, la giovane si trovava a casa di amici, tra cui il fidanzato Sergio B. maggiorenne ed un’altro coppia quando, nell’ilarità generale, ha assunto una potentissima dose di metanfetamina. Doveva essere un sabato come altri però, questa volta, uscendo di casa per andare in centro, non è andata come si aspettava. All’altezza della stazione ferroviaria di Brignole infatti, la minorenne ha iniziato ad accusare un malore.
Il decesso: arresto cardiaco
Sentitasi male, la ragazzina è stata subito trasportata all’ospedale Galliera di Genova ma ormai per lei non c’era più nulla da fare. La ragazzina è morta appena 40 minuti dopo essere giunta in ospedale. Non appena a conoscenza dell’accaduto, sono scattate subito le indagini. I due maggiorenni Sergio B. e Gabriele R. presenti in casa con la 16enne sono stati dapprima arrestati e successivamente interrogati per ore al fine di ricostruire minuziosamente quanto successo. Secondo quando raccontato da Paolo Cremonesi, direttore del pronto soccorso: “È arrivata in coma profondo, abbiamo avviato subito la rianimazione, siamo andati avanti per quasi un’ora, ma non si è mai ripresa“.
Adele però è solamente l’ultima dei ragazzi morti per colpa dello “sballo del week end”. Lo sa bene questo il Capo della Squadra Mobile che, in merito, ha voluto così chiosare: “È un’abitudine sempre più consolidata purtroppo tra i ragazzi“.
Sergio e Gabriele, non avevano mai avuto guai con la giustizia prima d’ora, che lavoravano ciascuno con i propri genitori, che si erano conosciuti a scuola (un istituto tecnico) e che da allora non si erano mai persi di vista. Sergio ha sempre vissuto in un paesino dell’entroterra, vicino a Genova. La sua famiglia ha avuto un negozio di frutta e verdura per decenni finché il padre non ha deciso di cambiare attività e lavorare per un’azienda di trasporto, coinvolgendo ogni tanto anche lui, Sergio. Anche il padre di Gabriele, gestore di un piccolo albergo a Sestri Levante, d’estate chiedeva una mano al figlio (che vive a Genova con la madre ed è uno studente). Strano tipo, Gabriele. Tormentato, a giudicare dai commenti sulla sua pagina Facebook. L’ultimo è del 26 luglio. «Se potessi far capire alla gente di non escludere nessuno… perché quel qualcuno non si senta insignificante e perdente». Pochi giorni prima aveva scritto: «Siete tutti solo bravi a sfottere chi sta male, nessuno prova a mettersi nei panni della persona che ha davanti. Poi parlate di ampliare la coscienza e di essere svegli…». I genitori di Sergio e Gabriele stanno cercando di ricostruire il possibile per parlare dei loro figli agli avvocati che li difenderanno. Si sono accorti di non conoscerli.
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