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Napoli ignora Maradona. La sconfitta di de Magistris.

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NAPOLI – l giorno in cui Napoli dice addio a Maradona. È il giorno della svolta. E non è un giorno amaro per Maradona. Diego è sempre Diego. Sempre lo sarà. La vita reale prende il sopravvento sul racconto mediatico.  È una città che stasera ha chiuso probabilmente in maniera definitiva col passato e guarda speranzosa al presente e al futuro. È una città che non dimentica Maradona, ma che non si commuove per una cerimonia dall’evidente sapore propagandistico nella speranza e nell’illusione di accrescere il proprio consenso. Come se i napoletani fossero idioti. È il giorno della sconfitta di Luigi de Magistris che ha preferito evitare piazza Plebiscito per paura dei fischi. La decisione, in realtà, l’aveva già presa ieri. Aveva capito a cosa sarebbe potuto andare incontro. Ai primi fischi del de Magistris sindaco di Napoli. Una città che lo ha sì rieletto un anno fa, ma che non si può nutrire solo di slogan sulla rivoluzione permanente e su una non meglio precisata ribellione dei su del mondo. L’uomo non è stupido. Tutt’altro. È scaltro. Quando fu disarcionato dalla legge Severino, seppe come ripartire. Sindaco di strada e via verso la rielezione, complici anche il ritorno di politici non più agili (eufemismo) dall’altra parte della barricata.Ai tavolini dei caffè attorno alla piazza non c’è nessuno.

L’ex fuoriclasse del Napoli ha cercato di sminuire affermando che la piazza non piena, ricordando la tragedia di Piazza San Carlo, a Torino, ed alle misure di sicurezza: «Siamo così per quello che è successo a Torino perché altrimenti si poteva riempire tutta la piazza». Sulla concessione della cittadinanza napoletana, Maradona ha sottolineato: «In Italia serve sempre un pezzo di carta, ma io sono sempre stato napoletano». L’ ex «Pibe de oro» era salito sul palco accolto dal coro «Diego, Diego» ed ha ballato sul coro «Ho visto Maradona» prima di dirigere i tifosi chiedendo il coro «un capitano». Poi sul palco sono saliti i campioni del Napoli del primo scudetto (1987), tra cui Ciro Ferrara, fischiato dalla piazza che gli ha subito dedicato il coro «chi non salta è juventino» nonostante i tentativi di Maradona di dissuaderli.Applausi a Bruscolotti, De Napoli, Carannante, De Fusco, Renica, Romano, Giordano, Carnevale. Maradona ha raccontato: «La prima volta che sono entrato al San Paolo ne sono uscito piangendo, ma ho pianto anche quando me ne sono andato nel 1991». La serata era iniziata con le immagini del 5 luglio 1984, quando Maradona entrò per la prima volta al San Paolo. Poi sul palco si sono alternati i Foja, Tomaso Primo e gli omaggi in musica a Pino Daniele e Massimo Troisi. Ma la chiusura è stata per Maradona: «Dopo 33 anni Napoli mi fa suo cittadino ma io lo sono sempre stato», ha ribadito. Poi intonato «’O surdato innamorato» insieme all’attrice Serena Rossi ed ai suoi compagni di squadra di un tempo. Seimila circa in piazza, dunque. Una rappresentanza nettamente al di sotto dei 30 mila previsti ed autorizzati dalla Questura di Napoli, che ha predisposto misure di sicurezza straordinarie.

 Il Gambrinus, che si picca di essere un bar storico, non ha nemmeno il wi-fi. Poco importa. Nelle case dei napoletani c’è. Oggi Napoli ha rotto il cordone ombelicale. La città ha chiuso un capitolo.

 

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