CASERTA – Allenamento congiunto ieri sera per la Mondo Camerette One Team Basket Caserta assieme all’ASD Falchetti Caserta con tanto di partitella finale a squadre mischiate per chiedere la verità su Mario Paciolla, il cooperante italiano al servizio dell’ONU morto in circostanze ancora da chiarire in Colombia il 15 Luglio 2020 a soli trentatré anni.
Mario era un ragazzo brillante: due lauree conseguite col massimo dei voti presso l’Orientale di Napoli, giornalista attento, persona dichiaratamente interessata ai più deboli con particolare attenzione alle diverse culture del mondo e ai diritti umani. Mario però era principalmente uno di noi, giocatore appassionato di basket tanto da far parlare di sé fin dalle giovanili, uomo di sport e grande tifoso di calcio.
Superando una selezione per soli diciotto profili in tutto il pianeta, a marzo 2016 Mario entra nell’Organizzazione e parte per Bogotà con un contratto fino ad Agosto 2018. Nel periodo collabora con Valerio Cataldi per la serie TV “Narcotica” e viene chiamato per la gestione della logistica del Viaggio Apostolico di Papa Francesco in Colombia nel Settembre 2017. Nel frattempo l’ONU lo cerca ripetutamente e Mario, scaduto il contratto con le PBI nell’Agosto 2018 entra a far parte della massima Organizzazione mondiale nell’Agosto del 2018 con un contratto quinquennale per la “verifica degli accordi di pace” tra le FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) e lo Stato della Colombia.
Diventa uno degli “occhi” dell’ONU in Colombia, si trasferisce in un insediamento delle istituzioni nel bel mezzo della foresta amazzonica, visitando i campesinos e collaborando al “reintegro” dei guerriglieri pentiti nella società civile. Trasforma questi ultimi da mercanti di droga e morte in sportivi appassionati di rafting sullo stesso fiume che prima utilizzavano per i loro loschi commerci.
Negli ultimi giorni di vita confida ai genitori Anna e Pino che non si sente più tutelato dall’Organizzazione e il giorno prima di morire prenota il biglietto per il rientro in Italia, trasferendosi a Bogotà dove avrebbe dovuto attendere cinque giorni prima di partire. I dettagli del suo rientro non erano noti pubblicamente ma solo agli addetti ai lavori e il giorno dopo viene trovato morto in un appartamento della capitale colombiana. Immediatamente le autorità etichettano l’accaduto come “suicidio”
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