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Graziano, dalla prima fila alla Leopolda a capolista del PD nel listino plurinominale nel collegio Caserta/Benevento

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Ci sono personaggi nostrani, che in trasmissioni televisive oppure in qualche intervista rilasciata a giornali grandi e piccoli nella quale si fa finta che il problema della propria esistenza non sia costituito dalla ossessiva pratica di garantire se stessi, bensì dalla volontà incrollabile di servire il popolo come unica ragione della propria vita, così come è successo, per fare un esempio velocissimo, in questi giorni, in occasione di quella scena comica, immortalata da una fotografia, in cui il candidato  Stefano Graziano, capolista nel listino plurinominale nel collegio Caserta/Benevento, seguito da Angela Ianaro, Erasmo Mortaruolo ed Antonella Pepe, a scapito di Gennaro Oliviero che di voti ne aveva presi più di lui alle elezioni regionali e che oggi rappresenta il Pd in una delle funzioni più importanti dell’istituzione regionale, ricoprendo la carica di presidente del “Parlamento” campano, si mostra al fianco ad Enzo Abbate, presidente dell’associazione che afferma di difendere i diritti delle famiglie dei ragazzi autistici, categoria di cui, negli ultimi dieci anni si ricordano, al massimo, due o tre righe di rituali dichiarazioni rilasciate dal Graziano, che di questo problema non sa assolutamente nulla.

Lo ricordiamo alla sesta edizione della Leopolda, la kermesse politica che Matteo Renzi organizza a Firenze sin dal 2010, Graziano, che ha già in testa il piano di transitare dal consiglio regionale al Parlamento, in occasione delle elezioni politiche del 2018, arriva e si intruppa tra i fans più scatenati di Matteo Renzi e di quello che, già al tempo, veniva definito il suo cerchio magico. Graziano, a quell’edizione della Leopolda, è il più renziano dei renziani, parimenti a Pina Picierno, con la quale entra nella ex stazione fiorentina della Leopolda, insieme anche a Francesco Boccia, anche lui divenuto un renziano doc e al magistrato della Procura della Repubblica di Aversa-Napoli Nord, Giovanni Corona, il quale interviene direttamente tra gli oratori, raccontando, in verità in maniera molto efficace e interessante, la sua esperienza da pubblico ministero della Dda di Napoli, nel corso della cosiddetta “Guerra di Secondigliano”, la più cruenta e sanguinosa faida che l’Italia abbia prodotto in un lasso di tempo limitatissimo, tra Ventesimo e Ventunesimo secolo.

Il secondo evento è quello della presentazione, a dir poco sontuosa, dell’associazione “Fino a prova contraria”, altra cinghia di trasmissione renziana. Il clou di quell’avvenimento fu rappresentato da una mega cena per 200 invitati che, così ebbe a commentare a quel tempo, correva l’anno 2017 ed era di maggio, il grande Roberto D’Agostino nella sua Dagospia: “Più che una serata sui temi della giustizia sembrava il ricevimento di un matrimonio” clicca  per vedere le foto

Lì Graziano è seduto ad uno dei tavoli e nei suoi pressi ci sono nomi che di lì a qualche tempo avrebbero fatto parte delle cronache giudiziarie riguardanti il cosiddetto caso Palamara. A quella cena era presente, ad esempio, Cosimo Ferri, al tempo sottosegretario alla Giustizia, già magistrato e considerato come una sorta di plenipotenziario, di terminale delle segnalazioni, delle raccomandazioni, legate soprattutto ai concorsi per l’ingresso in magistratura, così come emerso dalla sterminata quantità di documenti relativi all’indagine sul sistema-Palamara. C’era Luca Lotti. C’era quello che al tempo era già un ex vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura, cioè Michele Vietti. Non c’era, ma è come se ci fosse, Giovanni Legnini, anch’egli votato alla causa di Renzi, anch’egli strutturato attorno alla figura di Luca Lotti, a cui si rapportava abitualmente in un contesto che poi vedeva in Luca Palamara, leader di Unicost, il sindacato di maggioranza relativa dei magistrati, il potentissimo catalizzatore di ognuna di queste sollecitazioni.

Graziano è appena uscito dall’inchiesta giudiziaria della Dda, al tempo targata Giuseppe Borrelli, precisamente era successo tre mesi prima, a febbraio 2017, guadagnandosi una archiviazione-lampo da parte della Procura della Repubblica di S. Maria Capua Vetere, pubblico ministero Carlo Fucci, successivamente divenuto procuratore della Repubblica ad Isernia, sulla cui scrivania era finito il fascicolo proveniente dalla Dda di Napoli, non essendo da questa stati ravvisati (ma un domani tenteremo di conversare su questo argomento con Giuseppe Borrelli) elementi per procedere ulteriormente su possibili reati di camorra. Graziano era vicino a Cosimo Ferri. Ci parlava e ci ragionava spesso. Ma non ha mai assunto una posizione di rilievo tale da far uscire il suo nome sui giornali, allo stesso modo con cui sono usciti altri nomi di quel Pd, targato quasi esclusivamente Matteo Renzi. Per il momento ci fermiamo qui.

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