Difende il lavoro dell’Istituto superiore di Sanità che «avvalora su base scientifica il nesso causale tra tumori e ambiente malato», chiarisce che l’indirizzo investigativo del report porterà ad altre inchieste «sul reato di omessa bonifica, una fattispecie gravissima» e chiama in causa le istituzioni preposte alla bonifica della Terra dei fuochi «non c’è un minuto da perdere».
Cinque anni fa, il procuratore di Napoli Nord, Francesco Greco, ha stipulato un accordo con l’Istituto superiore di sanità, da un lato, e impegnato i reparti di polizia giudiziaria specializzati in reati ambientali, dall’altro, per disegnare la nuova cartografia dei siti inquinati dei 38 comuni della cerniera partenopeo-casertana e la mappa delle incidenze tumorali sulla stessa zona, facendo pervenire in cabina di regia, la Procura, i dati provenienti dalle Asl, dagli ospedali e dal registro tumori.
Il risultato è clamoroso, per la prima volta si mette nero su bianco un nesso che, per anni, attivisti e medici hanno potuto solo ipotizzare: i rifiuti causano il tumore?
«È un dato di grande valenza scientifica e quella che era finora solo una percezione viene avvalorata dal massimo organismo sanitario del Paese. Sotto il profilo investigativo, però, va anche precisato che lo studio dell’Iss non rappresenta un elemento concreto per stabilire un nesso eziologico, cioè un nesso causale penalmente rilevante nei singoli procedimenti penali, tra l’insorgere delle malattie e la presenza rifiuti».
Ecco, veniamo ai procedimenti penali che interessano le fasce di rischio dei comuni della terra dei fuochi. Giugliano è in cima alla «lista nera» e proprio a Giugliano c’è la Resit. Dopo le condanne per disastro ambientale, cosa è stato fatto?
«Poco o nulla. Il vero problema è quello delle bonifiche. La valenza investigativa di questo studio permette di stabilire le priorità di intervento perché se sappiano che in un dato sito ci sono rifiuti e in quella zona si registrano eccessi di morbilità quel sito per noi rappresenta una priorità e quindi andiamo a verificare se vi siano state omissioni da parte di chi era tenuto a intervenire. L’omessa bonifica è un reato grave, il report per noi è fonte di legittimazione per intervenire sul tema bonifica»
D’altronde, sin dal principio, lo scopo della Procura era quello di avviare un percorso che portasse a ripulire la terra dei fuochi, un’area di confine dove sono competenti, oltre la Regione Campania, la Città metropolitana di Napoli, la Provincia di Caserta, i 38 Comuni e vi sono aree in cui anche solo stabilire le competenze appare assai difficoltoso. Ma adesso, in termini concreti, ognuno dovrà fare la sua parte? È arrivato il momento della responsabilità? Dopo la divulgazione dei dati, i cittadini si aspettano una svolta concreta, partiranno le bonifiche?
«Abbiamo voluto pubblicizzare il risultato dello studio proprio perché riteniamo che sia diritto dei cittadini conoscere determinate situazioni: il diritto alla salute ha rilevanza costituzionale. Attraverso un provvedimento formale abbiamo deciso di pubblicare l’intero rapporto dell’Iss che si è svolto con la collaborazione preziosa di altri enti, quali l’Arpac, le Asl Napoli 2 Nord e Caserta, l’Istituto zooprofilattico di Portici, i direttori dei registri tumori. Ogni istituzione adesso può liberamente accedere al report e intervenire per quanto di sua competenza, a partire dalla Regione Campania anche se credo che su questa zona serve un provvedimento governativo. Bisogna tener presente che vi è una distinzione ruoli, la Procura porta avanti un accertamento investigativo, e abbiamo deciso di non trincerarci dietro il segreto investigativo proprio per l’importanza della materia trattata, ma la responsabilità di intervenire sul territorio è di altri. Un ruolo di coordinamento va sicuramente svolto dalla Regione, noi, come da accordo con la Procura generale, abbiamo inteso diffondere il più possibile questi dati. E a questo punto, tutti hanno elementi di valenza scientifica per intervenire con la massima urgenza».
C’è stata qualche polemica per la mancata condivisione in anteprima dei risultati dello studio con gli organismi sanitari locali che vi hanno collaborato…
«Non credo sia il momento delle polemiche, però ritengo che il comportamento dell’Iss sia stato corretto perché si tratta di uno studio condotto in base al protocollo stabilito con la Procura per cui i dati saranno trasmessi a tutte le autorità sanitarie che hanno l’obbligo intervenire. Voglio piuttosto precisare quanto prezioso sia stato il contributo del registro tumori così come è stato fondamentale il ruolo dell’intera struttura regionale che si occupa di sanità. Mi auguro si riveli fondamentale per lo sviluppo delle attività di bonifiche che in senso massivo e sistematico non sono mai avvenute. Qui si è fatto molto poco per tutta una serie di ragioni anche per la complessità della legislazione, poi con la pandemia si è avuto un ulteriore rallentamento non solo sul fronte bonifiche, ma per l’intera gestione del ciclo rifiuti. II ricercatori dell’Iss, che si sono rapportati in questi anni con il procuratore aggiunto Domenico Airoma, sostengono che questo studio vada esteso a tutta l’area della regione e comunque alla zona del Distretto della Corte d’Appello di Napoli a eccezione dei centri cittadini di Napoli e Caserta perché le modalità di intervento adottate non si adattano a studi epidemiologici riguardanti alle grandi aree urbane – come Napoli e Caserta – in quanto sotto il profilo metodologico evidentemente le procedure sono diverse».
Nella Terra dei fuochi c’è chi inquina ma anche chi si batte contro discariche e roghi tossici, negli anni i comitati ambientalisti hanno fatto la loro parte, e i cittadini comuni?
«Se la bonifica è imprescindibile e non può essere più differita è l’emergenza non è solo regionale, ma nazionale visto che la massima autorità scientifica mette in luce determinati aspetti, intervenire urgentemente è l’unica strada da percorrere. Il dato però è a disposizione di tutti e questo potrà essere utile per rendere ogni singolo cittadino consapevole del ruolo che deve avere. In questi anni associazionismo e comitati ambientalisti sono stati fondamentali, ma è il singolo cittadino «non associato» che deve comprendere l’importanza del suo ruolo: ogni abitante dell’area si renda conto che il territorio va tutelato nei gesti di tutti i giorni».
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