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Un incredibile silenzio, accompagnato da connivenza

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CASERTA – Lo sfregio delle cave è diventato enorme. E’ sotto gli occhi di tutti. Ora quelle colline non ci proteggono più come una volta. E purtroppo la situazione viene aggravata dai mutamenti climatici. La corta visione politica e la scarsa sensibilità ambientale degli amministratori continua a produrre danni incalcolabili: un dissesto idrogeologico senza pari. Non basta la chiusura delle attività dei due cementifici (dei veri “mostri industriali” nel pieno della conurbazione casertana), bisogna impedire che in vari punti si continui a scavare ed estrarre calcare (come si può vedere a occhio nudo), bisogna fermare del tutto queste attività, che da decenni ci divorano la vita e la salute. Per queste ragioni dobbiamo chiedere con forza alle più alte autorità dello Stato e della Regione – anche al Governo – di bloccare questa folle corsa verso la distruzione dell‘eco-sistema in una delle aree a più alta densità urbana e produttiva.

Da parte delle associazioni ambientali e dei cittadini, più volte è stato riproposto all’attenzione dell’opinione pubblica uno degli scempi più evidenti: la devastazione delle cave (che minacciano anche le chiese di S. Lucia e di S. Michele), con un’ opera di distruzione ecologica, che ha già prodotto una situazione di disastro ambientale per molti versi irreversibile.

Un incredibile silenzio, accompagnato da disattenzione (spesso connivenza), caratterizza le istituzioni locali e le forze politiche, che rimangono inerti e “distratte” di fronte a questo immane scempio. Tra l’altro, come hanno messo bene in evidenza alcune indagini negli anni scorsi, è proprio dalle attività estrattive e dalla lavorazione del calcestruzzo che prende corpo uno dei filoni più redditizi dell’economia criminale e camorrista, quello del cosiddetto “movimento terra”. Ricordiamo che alcuni anni fa il VE Raffaele Nogaro denunciò questo scandalo. Purtroppo rimase isolato ed inascoltato (anche dalla stampa locale).

Ora è arrivato il momento di ribellarsi e di indignarsi per lanciare un appello, in primo luogo alle massime autorità istituzionali (dal Presidente della Provincia fino ai Sindaci di Caserta e Maddaloni).

Al riguardo, come è avvenuto in tante altre realtà, si possono progettare interventi per riutilizzare le cave destinandole ad altre attività di tipo sociale e produttivo, in primo luogo per ripristinare i siti naturali, con opere di “ripascimento” (come sta avvenendo in qualche caso). In merito l’università (a partire dal Polo Scientifico) può dare un contributo decisivo per rilanciare un dibattito ed un confronto su nuove idee di crescita sostenibile per il nostro territorio. Tra l’altro le cave incidono negativamente anche sui lavori del nuovo Policlinico, da decenni bloccato.

A Caserta, come sta avvenendo per alcuni beni comuni, è necessario riprendere un movimento di lotta, non tanto di denuncia, quanto di proposte e progetti con la mobilitazione delle principali associazioni giovanili ed ambientaliste

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