E’ l’ultima tragedia dell’immigrazione consumatasi nella rotta tra Abidijan e Parigi: vittima un bimbo della Costa d’Avorio che tentava di raggiungere l’Europa
Aeroporto Félix-Houphouët-Boigny di Abidijan in Costa d’Avorio, aereo parcheggiato in mezzo al nulla, provo ad immagginare un bimbo che corre nell’istante in cui ha intuito di non esser visto, ed è stato cosi veloce e cosi attento nel trovare il momento adatto che quando si è arrampicato sulle enormi gomme dell’aereo e poi con la sola forza delle braccia si è aggrappato al telaio rannicchiandosi nel vano del carrello, davvero nessuno si è accorto di nulla.
Il sogno di volare, di volare non visti e di arrivare in Europa riempie il cuore di un bambino più di qualsiasi analisi delle possibilità reali di successo e della valutazione dei pericoli.
Ha sperato cosi di aver trovato il posto giusto per arrivare in Europa, farcela ad avere la sua possibilità di vita. Difficile capire se aveva avvertito qualcuno, se ne aveva parlato con sua madre, se era solo in quella radura o se altri non hanno avuto la sua temerarietà, la sua velocità di corsa e di slancio. Quello che sappiamo di certo é che gli alloggiamenti dei carrelli di atterraggio non sono né riscaldati né pressurizzati. Le temperature scendono a oltre -50°C tra i 9.000 e i 10.000 metri, l’altitudine alla quale volano gli aerei di linea.
Sapete cosa succede quando si é a 4mila metri? È come respirare in una busta di patatine, a 5mila inizi a non riuscire bene a muoverti, a 8 mila come dicono gli alpinisti é come correre su un tapis roulant al massimo e “respirare solo tramite una cannuccia”. Poi arriva un ictus e il cuore si spacca. Oltre i 42 gradi sotto zero il corpo non riesce più a termoregolarsi così cerca di scaricare tutto il suo calore, arrivano febbre, sudorazione poi convulsioni, svenimento.
Queste descrizioni non sono una fenomenologia dell’orrore ma solo un tentativo di dare prova di quello che un bambino ha provato pagando il suo sogno di volare via in Europa ed è stato ritrovato senza vita.
Mentre scrivo ancora non si conosce il nome ne l’età precisa di questo bambino ivoriano.
Ora provate a immaginarvi voi stessi a dieci, dodici anni chi eravate, come eravate…
Il giornoin cui la notizia di un piccolo africano morto assiderato tra i carrelli gelidi di un aereo non trovasse più spazio nei nostri media avremmo davvero di che preoccuparci: sarebbero il segnale agghiacciante che lo spazio per la pietà e la responsabilizzazione è davvero finito.
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