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Reprimere la Movida è un “Suicidio”

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Negli ultimi anni,  in seguito a decreti che hanno rafforzato i poteri e l’autonomia dei sindaci nell’imporre ordinanze anti alcool e anti movida, stiamo assistendo a qualcosa che somiglia più a una guerra civile piuttosto che a un dibattito da Paese democratico.

Stiamo assistendo ad una vera e propria “punizione”, che ha sempre più limitato luoghi e orari di vendita degli alcolici, criminalizzato a tutti gli effetti con multe, ammende e stimma sociale quei cittadini che scelgono di utilizzare il proprio tempo libero notturno per divertirsi, per chiacchierare, per bere e per ballare.

Chiusura anticipata, divieto di vendita di alcool, divieto di asporto di bottiglie, spostamento dei locali in periferia (che vadano a rompere le balle ai poveri, insomma, come se dormire fosse un diritto da ricchi), e ancora, il divieto di stare all’aperto, ovvero di occupare suolo pubblico, di tutti: basta andare a leggere alcuni articoli di stimati giornali  per capire che in gioco qui non c’è la convivenza tra diritti — che sarebbe il fulcro della vita democratica — bensì, più semplicemente, l’arrogante pretesa che chi dorme di notte sia la parte sana della società mentre chi fa vita sociale sia la parte bacata, drogata, alcolista, violenta, in fin dei conti sbagliata.

Se la vita notturna è ben gestita, è vero l’esatto contrario: più gente per strada di notte presuppone più sicurezza, una sicurezza che ha il vantaggio di non avere bisogno di armi e di divise, una sicurezza che si chiama tessuto sociale.

Così non si salvaguarda il diritto di nessuno a dormire. Così si stigmatizza, si emargina e si creano le condizioni per una guerra civile. Il problema si risolve cercando di capire che la situazione non è in bianco e nero. Nel braccio di ferro tra movida e antimovida non c’è una parte che vede i propri diritti calpestati mentre l’altra ci passeggia sopra con arroganza. Qui la questione è che c’è, anzi ci dovrebbe essere, un equilibrio instabile tra diritti. Diritti che non sono nemmeno soltanto due — diritto a dormire contro diritto a divertirsi — ma sono tre, ebbene sì, perchè il diritto dei commercianti a portare avanti le proprie attività è, o almeno dovrebbe essere, sacrosanto!

Un triangolo legale che a tenerlo in piedi è assai complicato, ma che risulta essere estremante necessario.

Come è estremamente necessario smettere di pensare alla vita notturna come a una fonte di degrado, di violenza e di vizio. Se la vita notturna è ben gestita, è vero l’esatto contrario: più gente per strada di notte vuol dire più sicurezza, una sicurezza che ha il vantaggio di non avere bisogno di armi e di divise, una sicurezza che si chiama tessuto sociale e che è il vero elemento discriminante nel fare delle nostre città dei posti accoglienti o dei deserti violenti.

Che si lavori quindi sull’ammodernamento dei locali e delle case per diminuire l’impatto di voci e musica durante le notti di chi ha il sacrosanto diritto di dormire; che si lavori a progetti di convivenza e di integrazione tra chi preferisce chiudersi in casa davanti alla televisione e chi invece se ne va a zonzo tutta la notte; ma che si smetta di stigmatizzare una parte della società la cui unica colpa è quella, dopo una giornata di lavoro, di non correre subito a seppellirsi nel letto.

Ed ecco che arriviamo a parlare di un locale che nel corso degli ultimi mesi ha cambiato il modo di divertirsi dei giovani.

Coffea, ubicato in via San Carlo n. 50 Caserta, è un locale il cui motto è “divertimento, sano divertimento” sapendo che tanto è cambiato e che oggi,  rimanere sulla cresta dell’onda, è sempre più difficile, perché lo staff crede fermamente che la vita notturna casertana non sia finita.

A tal proposito ci parla uno dei componenti di questa bella realtà, Ciro Guerriero, presidente di Caserta kest’è ed ideatore della radio in vetrina:

“Quando è iniziata la mia collaborazione, c’era un preciso intento, ‘cambiare musica’. Attualmente  il progetto ‘LA VETRINA 81100 – targata RCN’ la radiovisione, ha in programma varie iniziative per rivitalizzare Caserta e la strada storica, affossata da una scellerata scelta amministrativa.

Ho il coraggio di affermare di aver visto ragazzi sbandati, figli non dei ‘poveracci’ ma di crede di essere élite , che avevano bisogno di avere una famiglia, un luogo dove stare, e da non credere anche studiare. Con lo staff, in punta di piedi, abbiamo creato un ‘contatto’, abbiamo deciso con alcuni assidui frequentatori il da farsi. Unanimemente c’è voglia di cambiamento: dare una sveglia, cambiare musica in questa città dormiente.

Sono d’accordo sul fatto che serve prevenire eventuali minacce. Io non ho mai visto scene di violenza nel locale ma posso dire che sarebbe necessario intensificare i controlli in strada. Non sempre siamo tutelati, ma il problema non è nemmeno delle forze dell’ordine che dovrebbero seguire almeno 5 o 6 locali tutti insieme, bensì alcune persone, soprattutto provenienti dalla provincia di Caserta, che talvolta si rivelano fuori controllo. Ciò che rammarica maggiormente e che il più delle volte alcune persone vengono col chiaro intento di creare scompiglio in città”.

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