Il Senato di Matteo Renzi sarà più vicino all’Europa. Perché Regioni e Unione Europea, secondo Matteo, devono comunicare di più. Infatti, il nuovo articolo 55 prevede che il Senato svolgerà:
«funzioni di raccordo tra lo Stato, gli altri enti costitutivi della Repubblica e l’Unione europea. Partecipa alle decisioni dirette alla formazione e all’attuazione degli atti normativi e delle politiche dell’Unione europea» e inoltre «verifica l’impatto delle politiche dell’Unione europea sui territori».
Allora sorge spontanea una banale domanda: cosa hanno fatto finora i 24 membri di regioni, comuni e province italiane impegnati a Bruxelles nel Comitato delle Regioni? E, soprattutto, che fine faranno nel caso vincesse il Sì?
Per chi non lo sapesse il Comitato delle Regioni (CdR) è un organo consultivo istituito presso l’UE, svolge funzioni di raccordo tra Regioni e Europa ed è composto da rappresentanti degli enti territoriali degli Stati europei. Nel Comitato delle Regioni ci sono 24 membri eletti da Regioni ed enti locali italiani. In particolare, il CdR esprime pareri obbligatori quando Commissione, Consiglio e parlamento europeo legiferano su materie che hanno impatto locale e regionale: sanità, trasporti, energia, istruzione, occupazione, cambiamenti climatici e politiche di coesione sociale.
Se da un lato il nuovo Senato sarà rappresentativo delle regioni italiane e i nuovi senatori svolgeranno funzioni di raccordo con l’Unione Europea, dall’altro resta operativo il Comitato delle Regioni che rappresenta le regioni d’Europa e quindi anche quelle italiane. Se passa il Sì, quindi, ci ritroveremo con 48 politici italiani impegnati presso Bruxelles.
L’Europeizzazione del nuovo Senato determina una duplicazione di rappresentanti territoriali: in Europa c’è già chi dà voce alle regioni italiane. E se i membri del Comitato delle Regioni hanno fallito nelle attività di raccordo non è chiaro perché non possano fallire i nuovi senatori.
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