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32 anni fa veniva ucciso dalla camorra Giancarlo Siani: Cronista Libero martire per la verità

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Trentadue anni. Tanto è trascorso dall’omicidio di Giancarlo Siani, il giornalista “abusivo”  dove abusivo, però, ha un significato colmo di rispetto.

Vuol dire fare una dura e utile gavetta nel cuore della notizia, divenendone quasi parte.  E lui, nel suo lavoro quotidiano di cronista, faceva proprio questo.

Sempre questo. Giornalista de Il Mattino ucciso dalla camorra il 23 settembre 1985. 

Pochi giorni prima il  19 settembre, aveva compiuto 26 anni .

Si trovava in piazzetta Leonardo al Vomero a Napoli, alla guida della sua Mehari verde quando fu raggiunto dai killer che lo freddarono senza pietà con dieci colpi di pistola, tutti alla testa.

Fare il giornalista era il suo lavoro, la sua passione. Raccontare i fatti ed informare la sua missione.

Ma chi era davvero Giancarlo Siani? Basta un solo pensiero per capirlo. Questo: “Da sempre sono esistite e continuano a esistere due categorie di giornalisti: i Giornalisti Giornalisti e i giornalisti impiegati. La prima è una categoria così ristretta, così povera, così “abusiva”, senza prospettiva di carriera, che non fa notizia, soprattutto oggi. La seconda, asservita al potere dominante, è il giornalismo carrieristico, quello dello scoop e del gossip, quello dell’esaltazione del mostro e della sua redenzione”.

Oppure quest’altro: “Tante volte avere il tesserino, che sia da pubblicista o da professionista, non fa di una persona un giornalista, nel senso che sovente ci si imbatte in pennivendoli sgrammaticati amanti del denaro e della notorietà facile. Essere giornalista è qualcosa di altro. E’ sentire l’ingiustizia del mondo sulla propria pelle, è schierarsi dalla parte della verità, è denuncia, è ricerca, è curiosità, è approfondimento, è sentirsi troppe volte ahimè spalle al muro, emarginato. Essere giornalista significa farsi amica la paura e continuare sulla propria strada perché raccontando si diventa scomodi a qualcuno”.

E fin dagli esordi, il giornalista napoletano, nato e cresciuto proprio al Vomero, dimostra di avere una schiena perennemente dritta.

Siani era il corrispondente per il giornale napoletano da Torre Annunziata, negli anni post terremoto, in cui i legami tra camorra e politica divennero sempre più drammaticamente forti. Scrisse anche della strage di Sant’Alessandro, che insaguinò una tranquilla domenica di agosto la città oplontina.

La sua «condanna a morte» si decretò, per un articolo pubblicato tre mesi prima di quel 23 settembre, in cui paventava la possibilità che la cattura del superboss Valentino Gionta fosse stata resa possibile da una “soffiata” di un altro ras della camorraLorenzo Nuvoletta. Proprio quest’ultimo, insieme al fratello Angelo e al boss Luigi Baccante, saranno condannati come mandanti dell’omicidio. Con quel suo articolo, infatti, Giancarlo avrebbe leso il loro onore additandoli come una sorta di traditori che avevano fatto arrestare Gionta.

«Troppi elementi di contrasto con i rivali che decidono di coalizzarsi per stroncare definitivamente il boss di Torre Annunziata – scrisse Giancarlo nell’articolo pubblicato su Il Mattino il 10 giugno 1985-. Con la strage (quella di Sant’Alessandro, ndr) l’attacco è decisivo e mirato a distruggere l’intero clan. Torre Annunziata diventa una zona che scotta. Gionta Valentino un personaggio scomodo anche per gli stessi alleati». 

Ciro Cappuccio, Armando Del Core i killer del giornalista, Gaetano Iacolare è ritenuto il complice dei due esecutori. Sono stati tutti arrestati.

 Il cerchio non sembra ancora essersi chiuso. Nel 2014, infatti, il giornalista Roberto Paola pubblica un libro nel quale si dice convinto che a sparare il giovane cronista campano siano stati altri.

Dalla sua morte, tantissime sono state le intitolazioni a suo nome di associazioni, scuole, strade, piazze, aule delle Istituzioni, teatri. A Torre Annunziata, il II Circolo Didattico; il circolo cittadino di Legamebiente; l’ex aula consiliare di Palazzo Criscuolo.

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