Il Festival di Sanremo non sarebbe tale se non suscitasse, ogni anno, una montagna di polemiche.
E di ipocrisie. Anche stavolta, per fortuna, non ci delude. I flash dei fotografi, questa sera, hanno illuminato la porta dell’Ariston ma il Red Carpet, per la prima volta, ha proseguito tra “palco e città”, ovvero dall’ingresso del teatro tempio della canzone italiana fino a piazza Colombo e poi al Palafiori.
Un’occasione ghiotta, imperdibile, per i tantissimi che nella speranza di scattare qualche selfie con il proprio preferito hanno aspettato fino all’ultimo passaggio.
Tra i più applauditi i grandi e più conosciuti Pelù, Rita Pavone, Irene Grandi e il sempre simpaticissimo Gabbani in grande forma. Poi i “novizi”, seguiti dai più giovani tra i quali il contestatissimo Junior Cally che, in abito bianco e mascherina di brillanti, ha svelato il suo viso di ragazzo trentenne che si appresta a calcare la scena internazionale.
Tra i protagonisti di quest’anno c’è un certo Junior Cally, il cantante mascherato. E si è scatenata la bufera su di lui. Perché, tre anni fa, nella sua canzone semisconosciuta intitolata “La strega” ha scritto: “L’ho ammazzata, le ho strappato la borsa/C’ho rivestito la maschera”.
Non mi piace la musica di questo rapper, così come non mi piace la musica della maggior parte dei rapper e trapper: la trovo noiosa, ripetitiva. Una gran rottura di balle. E non mi piacciono i loro testi, zeppi di parolacce, sessismo, inni alla droga e a trattare le donne come donnacce.
Tant’è vero che “bitch”, cagna, è un intercalare di questo genere musicale. Assolutamente intollerabile, per me. Ma dietro lo scandalo suscitato da questo vecchio testo ho trovato molta ipocrisia. Perché se inviti un rapper, sai che i contenuti delle sue canzoni non sono esattamente come quelli di Lucio Battisti.
Lucio Battisti? Anche lui è finito sotto accusa, perbacco! Per la sua (secondo me bellissima) canzone Emozioni: “Guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere se poi è tanto difficile morire”. E’ un’istigazione all’omicidio stradale, che diamine!
Non parliamo di Marco Masini. Avrai letto anche tu le polemiche, quest’anno, per la sua presenza a Sanremo, dopo trent’anni di presenza assidua al Festival. C’è chi gli rimprovera le parole della sua “Bella stronza” (1995) e gli chiede di rinnegarla. Perché canta “Mi verrebbe da strapparti quei vestiti da puttana e tenerti a gambe aperte finché viene domattina”. Un inno allo stupro?
Sulla scia delle degenerazioni del sacrosanto #MeToo si contesta Vasco Rossi per la sua “Colpa d’Alfredo”: “Se n’è andata con il negro, la troia! Colpa d’Alfredo… prima o poi lo uccido!” Sessista, razzista e omicida! E si punta l’indice anche contro Marco Ferradini per la sua famosa Teorema: “Prendi una donna, trattala male…” Ma il colmo, secondo me, è stato lo scandalo suscitato dall’ignaro Amadeus quando si è permesso di dire che le donne che calcano il Festival con lui sono belle. Perché, secondo questa teoria, se dici che una donna è bella significa che la prendi per scema. Quindi o esalti il suo intelletto, o è meglio che tu stia zitto.
https://www.facebook.com/riviera24/videos/618085242320567/
Oggi siamo molto più suscettibili di venti, trenta o quarant’anni fa. Per fortuna, in alcuni contesti. Purtroppo, in altri. Ve lo immaginate, oggi, un Charles Bukowski che pubblica i suoi libri? Verrebbe messo all’indice per sessismo. Così come fa, in parte, l’università di Cambridge con Shakespeare: avverte gli studenti, prima delle letture sul Bardo, che contengono “violenza sessuale”
La violenza, fisica o psicologica, nei confronti di una donna – o di chicchessia – è un crimine. Chi uccide, stupra o molesta, o incita a farlo, va punito. Molto severamente. E’ lapalissiano, su questo non ci piove. E aggiungo che sarei molto severo nel punire i commenti sessisti, razzisti, omofobi e antisemiti sui social. Ma da qui a vedere assassini, stupratori, molestatori e mostri dappertutto ce ne passa. E voglio proprio vedere se i benpensanti che si scandalizzano a ogni piè sospinto, sono davvero così politicamente corretti nella loro vita privata. Se non gli scappa mai un “porca put…”, un “che gran pezzo di fi…”, identificando una donna con il suo organo genitale, o di fare commenti pesanti su una signora per come si veste o si sveste. Ma, si sa, impancarsi a moralisti è un modo facile per fare bella figura. Per apparire moralmente superiori, giudici implacabili delle magagne altrui.
A forza di gridare al lupo, e di vedere il male dappertutto, perdiamo la capacità di identificarlo dove esiste davvero. E’ lo stesso discorso del razzismo, o del fascismo: se basta un nonnulla per essere censurati come razzisti o fascisti, finisce che lo siamo tutti. Con grande gioia di quelli che lo sono davvero.
Come scrisse il filosofo Norberto Bobbio, “Non c’è nulla di peggio del moralismo a buon mercato. Perché in genere quando è a buon mercato, è anche ipocrita.”
Lascia un commento