Dieci minuti. Possono essere un soffio o un tempo interminabile. In dieci minuti è rinchiusa l’agghiacciante verità sulla morte di Ciro Ascione, il sedicenne di Arzano ritrovato lunedì senza vita a tre giorni dalla scomparsa denunciata dai genitori. Un fotogramma, ripreso dalle telecamere della stazione di piazza Garibaldi a Napoli, fisserebbe Ciro agganciato al predellino del treno Regionale 24397, con le porte chiuse del vagone in partenza. Se arriveranno altri riscontri, Ciro sarebbe morto per un tragico incidente.
Secondo le prime ricostruzioni degli inquirenti, Ciro sarebbe rimasto aggrappato per centinaia di metri prima di cedere e cadere. Morto. Ciro vittima del suo senso di responsabilità da bravo ragazzo, da figlio che vuole mantenere l’impegno di tornare in orario. Ciro che pensa di avere già mancato, rimanendo con la ragazzina quei minuti in più che rischiavano di fargli perdere il treno per tornare a casa.
Ipotesi terribile, su cui il pm Barbara Buonanno della Procura di Napoli nord, guidata da Francesco Greco, lavora ancora. Domani ci sarà l’autopsia sul corpo del ragazzo, affidata al medico legale Francesco Greco, che potrebbe fornire i decisivi riscontri all’ipotesi dell’incidente, partendo dai graffi visibili sul collo di Ciro.
Queste le dichiarazioni della sedicenne fidanzatina di Ciro:
«Sabato siamo stati insieme io e Ciro, per tutto il pomeriggio e lui era sereno, felice. Ciro non aveva nessun motivo per lanciarsi sotto quel treno, ». Anna (ma il nome è di fantasia) ha sedici anni e la freschezza di chi si affaccia alla vita. La sua adolescenza, però, è stata spezzata dalla morte del ragazzo a cui voleva bene. La sua è una storia che sembra quasi d’altri tempi: la passeggiata mano nella mano di pomeriggio, le parole dolci, i baci rubati. E poi, assurda, inspiegabile, la scomparsa di Ciro, la ricerca frenetica attraverso i social, le deposizioni in Questura: lei è stata probabilmente l’ultima a vederlo vivo prima del tragico incidente che sembra essere all’origine della scomparsa. Ed è stata lei a dare agli inquirenti un’indicazione importante: «Avevamo fatto tardi, Ciro si è precipitato per prendere il treno».
Hai visto Ciro sabato, prima che scomparisse. Come avete passato il pomeriggio?
«Intorno alle cinque e mezza lui mi ha chiamato sul cellulare per dirmi che stava prendendo il treno per arrivare a Napoli. Allora io sono uscita per andare alla stazione di via Toledo del metrò dove ci dovevamo incontrare. Intorno alle sei già saliva le scale per corrermi incontro».
Dove si siete diretti?
«Da via Toledo siamo andati verso via Chiaia e poi siamo entrati in Villa Comunale, dove siamo rimasti fino a dopo le 8».
Di che umore era il tuo ragazzo?
«Ottimo. Non ha accennato a nessun problema. Anzi era allegro, scherzava, mi prendeva in giro. Io sono bassina e lui mi chiamava nanetta. Ma non abbiamo parlato molto, non era necessario».
A che ora vi siete salutati sabato sera?
«Intorno alle 9. Alle 8,48 (l’orario preciso me lo ha poi detto la mamma in Questura controllando dal suo cellulare) ha telefonato al padre dicendo che stava prendendo la metropolitana. Ma non era vero, eravamo appena usciti dalla Villa Comunale. Di corsa ci siamo precipitati verso via Toledo e lui mi ha salutato. Doveva partire per Arzano dalla stazione centrale alle 9,22, ma era già tardi, quindi secondo me avrebbe potuto perdere la corsa».
Cosa ti ha detto andando via?
«Era già sulle scale quando si è girato e mi ha gridato Ti chiamo quando sono a piazza Garibaldi. Ma la telefonata non è mai arrivata».
Ti sei preoccupata?
«All’inizio no: ho pensato si fosse scaricato il telefono. Poi alle 10 mi ha chiamato un amico chiedendomi: Dove sta Ciro?. Dovevano andare a mangiare una pizza insieme, ma lui tardava. Io ho raccontato di averlo salutato al metrò, ma ancora non mi sono preoccupata perché ho pensato che avesse perso il treno. Però ho provato a telefonargli, ma lui non rispondeva. Fino alle 11 il suo cellulare continuava a squillare, poi è risultato irraggiungibile».
Quando hai capito che la situazione era grave?
«Quando dalla Questura mi hanno chiamato all’una di notte dicendomi che venivano a prendermi a casa per farmi qualche domanda. Da allora sono stata sentita più e più volte».
Lo scorso anno aveva avuto difficoltà con la scuola, ne soffriva ancora?
«Ma, no. Si trattava di cose vecchie, superate. Allora si era trovato male con i compagni di classe, ma ormai non se ne fregava più niente perché aveva scelto un nuovo indirizzo di studi e la sua nuova classe gli piaceva. Usciva spesso con i nuovi amici, insieme si divertivano».
Quindi nessun dispiacere?
«Solo cose da ragazzini. Si disperava e piangeva quando la mamma non gli dava il permesso di venire a Napoli. Io in settimana vado prima a scuola e poi al doposcuola e quindi non finisco mai prima delle sette. Ci vedevamo soprattutto nel weekend e lui, ovviamente, teneva molto a incontrarmi. Se c’erano ostacoli si dispiaceva».
Ti sembra plausibile l’ipotesi dell’incidente, quel treno da prendere a tutti i costi per essere puntuale all’appuntamento con il padre?
«Sì, certo. È plausibile».
Nei giorni successivi hai partecipato alle ricerche?
«Sì. Abbiamo formato un gruppo su Whatsapp per scambiarci notizie e far circolare la richiesta di aiuto. Ed è stato proprio da quella chat che ho saputo che Ciro era morto. Allora ho chiamato alla sua mamma che mi ha detto: Lo hanno ucciso. In quel momento sembrava l’ipotesi più credibile. Dopo ho pianto tutta la notte».
Come era Ciro?
«Un ragazzo tranquillo, molto affettuoso, che non vedeva l’ora di finire la scuola e di mettersi a lavorare. E poi gli piacevano il calcio, ovviamente tifava Napoli, e i videogiochi. Aveva anche tanti amici con i quali usciva volentieri».
E con te come era?
«Mi diceva sempre: Non potrei perderti, sono felice con te. Se qualcuno ti tocca io vado in galera con il sorriso».
Come vi siete conosciuti?
«Attraverso Facebook. Abbiamo cominciato a chattare e io mi sono accorta subito che lui era diverso dagli altri. Ne ho conosciuti tanti che mi abbordavano e mi chiedevano subito le foto. Lui non era così: lui era sincero, affettuoso».
Ma avevi già un ragazzo.
«Sì. Quando ci siamo conosciuti ero fidanzata. Uscivo con un ragazzo di Piscinola, ma i rapporti si erano già guastati perché lui era uno sballato: andava sempre a fumare le canne con gli amici».
Il tuo ex l’ha presa male?
«Sì. Lui era legato a me, ma io non lo volevo più. Io volevo bene a Ciro».
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