Caserta – Bottiglie di vetro, spazzatura, preservativi usati ma soprattutto siringhe, tante siringhe usate molte delle quali ancora con l’ago inserito e il sangue all’interno del tubicino sono sparse ovunque alle spalle dell’arco monumentale e, in particolare, negli angoli della struttura sopraelevata che funge da perimetro della piazza proprio alle porte…
In un angolo, lontano dagli occhi indiscreti, sul muretto due dosi di cocaina in base, un flacone di ammoniaca per separare la sostanza da taglio, una bottiglia di plastica, un pezzo di stagnola e un accendino per sciogliere e fumare. Anna e Sebastiano, nomi di fantasia, sono due tossicodipendenti: entrambi seguiti da un Ser- T cittadino, hanno accettato di parlare con NOI di CasertaKestè, dopo la video denuncia di questi giorni, per spiegare come le persone alle prese con una conclamata dipendenza da stupefacenti stanno affrontando il lockdown e l’emergenza coronavirus.
Il racconto offre un punto di vista completamente diverso sul periodo che stiamo vivendo: non hanno particolari rivendicazioni da fare, sono ben consapevoli (forse più di tanti altri che hanno parlato in queste settimane) degli sforzi che il sistema sanitario sta producendo per arginare la pandemia, ma allo stesso tempo manifestano l’inevitabile senso di solitudine generato dall’isolamento prolungato, che giocoforza li spinge ancor di più verso la droga. Ecco la doppia intervista.
Anna, da quanto tempo fai uso di droga?
“A tratti, non in maniera continuativa, da quando avevo 16 anni ( oggi ne ha più di 40, ndr)”.
Che tipo di sostanze usi?
“Di tutto. Dalla mattina, con una birra al posto del caffè, alla sera, con quello che sono riuscita a recuperare durante la giornata”.
Sei seguita dal SerT. Cosa manca in queste strutture attualmente?
“Purtroppo i professionisti sono quasi inesistenti, ci sono gli infermieri che somministrano le varie medicine per le dipendenze. Manca il supporto psicologico, e pure quello medico: la situazione è totalmente fuori controllo. In queste condizioni, è molto più facile caderci ancora di più”.
Come vive un tossicodipendente il lockdown?
“Ci sono molte più difficoltà di prima, sia per rimediare la sostanza che per trovare i soldi per comprarla. E poi la situazione di noia, il non far niente tutto il giorno e il fatto che non ci sia nulla che ti distragga, ti porta a rifugiarti ancora di più nella sostanza”.
È difficile anche procurarsi la droga.
“Lo sappiamo bene: appena esci di casa sei fuorilegge, ma questo poco importa a chi deve andare a procurarsi la dose. Le persone che si fanno se ne strafregano di questa cosa. Io ho un lavoro e non ho grandi difficoltà a muovermi, ma sto riscontrando problematiche per quanto riguarda i prezzi: si sono alzati di conseguenza”.
Anche tu, Sebastiano, sei seguito dal SerT?
“Sì. Credo che in questo periodo dobbiamo capire che non possiamo avere l’attenzione che prima ci davano. L’Italia ce la sta mettendo tutta in questa grave emergenza: lo Stato, i SerD, gli ospedali, gli psicologi… Sono in difficoltà anche loro, quindi l’unica possibilità è resistere e non pensare “Non faccio niente, c’è il virus, e allora mi drogo per colmare il mio vuoto“… Poi è difficilissimo, lo so: non potendo fare nulla, né lavorare né fare volontariato né impegnarmi in qualcosa che mi piace, io ci sto dando dentro in questo periodo. Più di prima. Molto più di prima. Però bisogna continuare a combattere tutti i giorni per far sì che la droga non ci porti via del tutto”.
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